LONE JUSTICE
“Viva Lone Justice”
(Afar/Fire Records, 2024)

A volte ritornano. Sono passati quarant’anni da quando i Lone Justice di Maria McKee solcavano i palchi di Los Angeles suonando dal vivo una miscela esplosiva formata da un country-rock d’annata mescolato ad un’attitudine punk, tanto da guadagnarsi l’etichetta di cowpunk insieme a band come Blasters, Green On Red, Long Ryders solo per citarne alcune. I Lone Justice hanno suonato come gruppo spalla in tour con U2, Tom Petty & The Heartbreakers e Willie Nelson, due album all’attivo, il primo omonimo del 1985 e il secondo, Shelter, del 1986, con una formazione completamente rimaneggiata, tanto che può considerarsi un album ideato dalla sola McKee che poi, infatti, sciolse la band e intraprese una lunga carriera solista dalle alterne fortune. Per quelli che non si ricordano i Lone Justice vi consigliamo un giro su YouTube per rinfrescarvi la memoria dove potrete ammirare l’energia sfavillante che emerge da un pezzo come I Found Love, era il 1986 tanto tempo fa, ma ammirate come la ragazza si muove sul palco del Ritz di New York con un’attitudine da vera star. Guardate anche un Live In London al Whistle Test del 1985 con Ways To Be Wicked e a seguire Sweet Sweet Baby (I’m Falling) e capirete di cosa sto parlando.

Insomma Maria McKee era una predestinata al successo planetario, aveva saputo mescolare magicamente country e rock, all’energia dei suoi vent’anni, tanto da attirare l’attenzione di star indiscusse come Dolly Parton e Linda Ronstadt che le farà da ponte per un contratto con una major come la Geffen Records. Dopo l’esperienza con i Lone Justice, Maria si dedicherà alla carriera solista, a 19 anni aveva già scritto una hit come A Good Heart portata al successo da Feargal Sharkey oltre a scrivere canzoni per colonne sonore di film, Show Me Heaven o la più stilosa If Love Is A Red Dress (Hang Me In Rags) che ci ha fatto sognare tutti e scelta da Tarantino per il suo film-cult “Pulp Fiction”. Nonostante un talento indiscutibile e una discografia di tutto rispetto, crediamo che in fondo non abbia avuto tutto il successo che meritava. Maria McKee è qui oggi per riprendersi il suo posto d’onore tra gli anticipatori di quella scena che attualmente viene definita alt-country e lo fa con Viva Lone Justice, il nuovo album della band californiana che vede il ritorno dei membri originari: Ryan Hedgecock alla chitarra, Marvin Etzioni al basso e il parziale contributo di Don Effington alla batteria scomparso purtroppo nel 2021. Sono presenti inoltre Tammy Rogers alla sezione violini, David Ralicke ai fiati, la leggenda della steel guitar Greg Leisz e una vecchia conoscenza come Benmont Tench al pianoforte, ex Heartbreakers e già collaboratore e amico intimo della McKee.

Il disco si apre con You Possesed me che, fin da subito, mette in evidenza la voce della McKee in una dolcissima invocazione d’amore sostenuta da un quartetto d’archi e mandolino. Jenny Jenkins, già uscita come singolo, è uno scoppiettante traditional a due voci, riarrangiato da Hedgecock e McKee, ispirato volutamente allo stile di Gram Parsons & Emmylou Harris. Rattlesnake Mama è un altro traditional, riarrangiato dai Lone Justice e reso quasi in stile cajun, che ci rimanda al fango e alle paludi della Lousiana, un loro vecchio cavallo di battaglia che riproponevano sempre dal vivo nel 1983. Irrompe come quarta traccia, una stridente cover del 1978 degli Undertones, Teenage Kicks, un punkettone storto con voce squillante e chitarre ruvide per una bella sferzata di energia. Violini e voci a due, anche per Wade In The Water, altro traditional riarrangiato che riporta alcune venature gospel in un’atmosfera di campagna. Nothing Can Stop My Loving You è una registrazione live del classico di Roger Miller/George Jones che parte sparata come un treno, con un ritmo incessante della batteria e una voce squillante, vanno di fretta i Lone Justice devono recuperare un po’ di tempo passato, alla fisarmonica solista il grande Jo-El Sonnier venuto purtroppo a mancare all’inizio del 2024.

Skull & Crossbone è, per tutti quelli che vogliono addentrarsi nell’anima nera dei territori del sud per riesumare alcuni scheletri di anime che ancora non hanno trovato pace in terra, venature rockabilly con un ispirato Hedgecock alla chitarra solista. Alabama Baby è un’oscura canzone che mette in evidenza le radici hillibilly dei Lone Justice. Quando arriva la sofferta I Will Always Love You di Dolly Parton il disco prende una bella sterzata: è quasi un colpo al cuore sentire la voce di Maria che interpreta questo grande classico, con il violino di Rogers e la steel guitar di Greg Leisz a creare arabeschi sonori e come finale un’orchestra d’archi: bellissima. Sister Anne chiude il disco sostenuta da un piano in stile barrellhouse suonato da Benmont Tench, un’ultima fiammata con la voce di Maria che vola alta, mentre sbuca, sul finale, la sezione fiati per creare una sorta di spaesante marcia in stile brass band di New Orleans. In attesa di un tour promozionale per Viva Lone Justice, nella speranza di poterli ammirare dal vivo, rimaniamo in stand-by attaccati alle casse dello stereo, mentre la voce di Maria McKee ci accarezza l’anima.

Andrea Masiero

 

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