GOAT
“Goat”
(Rocket Recordings, 2024)

L’omonimo Goat è il nuovo disco uscito l’11 ottobre 2024 su etichetta Rocket Recordings, per la celebre formazione psych-rock svedese, il terzo degli ultimi tre anni, anticipato dal singolo Ouroboros che ci rimanda a un’immagine precisa: quella del serpente o del drago che si morde la coda e indica gli infiniti cicli di morte e rinascita che caratterizzano la vita. Il vento è un elemento che apre e chiude varie composizioni, una folata di aria calda che riesce a trasportare un brano in un altro brano quasi come un passaggio di testimone. Rumori sordi d’acqua all’inizio e alla fine del disco invece, possono essere un elemento simbolico di collegamento: il liquido amniotico dove galleggia il drago della creazione che torna e torna più volte, fino a esaudire il suo compito sulla terra per mano dei suoi cavalieri mascherati più arditi, i Goat.

One More Death è il biglietto da visita del nuovo lavoro, un attacco impressionante dove voce e chitarre acidissime si incontrano e si scontrano tra echi di space rock e orientalismi in salsa piccante. Un brano che ci ha letteralmente spettinato i pochi capelli rimasti in testa. In Goat Brain esplodono ritmiche tribali e sonorità da world music, sempre che possa ancora significare qualcosa un simile aggettivo oggi. Suoni ossessivi che entrano nel midollo spinale e provocano uno scombussolamento dell’equilibrio, l’Asia e l’Africa ancestrali per come possiamo immaginarle nella nostra fantasia, attenzione: al secondo ascolto si viene ipnotizzati dallo stregone del villaggio di Korpilombolo nella contea di Norrbotten in Svezia, dove risiedono i Goat. In Fool’s Journey flauto e pianoforte intrecciano una melodia che mette un po’ di pace dopo i turbamenti iniziali, probabilmente l’inizio di un nuovo giorno sulle alture del Tibet ha questa colonna sonora, mentre la chiusura del pezzo è affidata ai gong dei monaci buddisti.

Dollar Bill è intrisa di una chitarra distorta, sporca, con effetti fuzz, wah e riverberi disturbanti, voce squillante che cerca il dialogo, ma a metà brano la situazione sfugge al controllo e la chitarra deborda in un solo lancinante da ribaltare il sangue, c’è malattia in quella chitarra, tutta la follia dei tempi in cui viviamo. Atmosfere più rilassate per Zombie almeno inizialmente, ritmiche ripetitive e un cantato che ci attira come le voci delle sirene di Ulisse, effetti elettronici per un pezzo che potrebbe ben figurare in una compilation dance per ballerini dello spazio. Frisco Beaver è una canzonetta ossessiva che ti entra sottopelle, un sound tirato per i capelli fino a strapparti il cuoio capelluto, “do what you need” viene ripetuto nel finale. The All Is One potrebbe essere la risposta, una psyco ballad per scaldare il cuore, e mettere ordine nel creato. Ouroboros è una lunga cavalcata che ricorda il groove di certi pezzi anni ’90, ma anche un gusto tutto hip hop nella costruzione di breakbeat old school: da ballare fino al mattino. Goat è un disco aspro, disturbante a tratti, ma coraggioso, con una serie di intuizioni molto contemporanee che legano con sonorità che riaffiorano dal passato, Ash Ra Tempel o certi spaesamenti alla Can che rivitalizzano e portano freschezza alle composizioni, folletti verdi rinchiusi in teiere volanti ci fanno le linguacce sotto la guida cosmica del buon Daevid Allen, che siano i Goat i nuovi messaggeri del suono?

Certo negli ultimi tempi hanno dato dimostrazione di aver lavorato sodo, basta ascoltare il recente Medicine recensito dal sottoscritto su Frastuoni di ottobre 2023 o la colonna sonora della serie TV “The Gallows Pole” prodotta da A24 per la BBC e diretta da Shane Meadows. Nei brani del nuovo Goat, passato, presente e futuro si intrecciano creando la musica di una band tra le più rappresentative del movimento psichedelico e indipendente degli ultimi 10 anni. Devoti al sound dei Goat ancora una volta leviamo le braccia al cielo e ringraziamo il drago ouroboros di tanta generosità. Se volete ascoltare qualcosa di interessante ascoltate i Goat.

Andrea Masiero

 

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