HURRAY FOR THE RIFF RAFF
“The Past Is Still Alive”
(Nonesuch Records, 2024)

Hurray For The Riff Raff è il nome del gruppo dietro il quale si nasconde la talentuosa cantautrice Alynda Lee Segarra, che è l’unico elemento fisso della band dal primo disco autoprodotto, risalente al 2008, ad oggi. Alynda Segarra è cresciuta nel Bronx a New York ma, come si intuisce dal suo cognome, è di origini portoricane (radici che lascerà emergere in Navigator del 2017). La musica del gruppo pesca a piene mani dalle sorgenti della musica americana, un folk-country che, dopo anni di gavetta, attira l’attenzione della critica grazie a Small Town Heroes (2014), album che respirava a pieni polmoni l’aria di New Orleans (dove è stato registrato), pubblicato dalla prima etichetta discografica di una certa importanza, la ATO Records.

Questo The Past Is Still Alive, prodotto da Brad Cook, che vede anche la partecipazione di Conor Oberst e Mike Mogis (Bright Eyes), si riappropria del sound delle origini, dopo due album orientati verso un pop raffinato che avrà fatto storcere un po’ il naso agli estimatori della prima ora, ma lo fa con una maturità tale da superare i risultati del notevole album di 10 anni prima grazie anche proprio a quella sensibilità pop, presente negli ultimi due lavori (ci troviamo dentro le chitarre elettriche, le tastiere e i fiati di quei dischi ma gli arrangiamenti qui sono più discreti, per niente ridondanti), capace di donare un tocco di modernità a un suono altrimenti legato troppo al passato, con il rischio di ripercorrere strade già battute ampiamente. The Past Is Still Alive è uno dei lavori più personali dell’artista newyorkese, registrato in un periodo molto doloroso per Alynda Segarra dovuto alla morte del padre al quale è molto legata; nel disco si affrontano i temi della dipendenza di amici che inevitabilmente si perdono lungo la strada, delle relazioni fallite ma anche della nostalgia per quella società rurale, con quei treni tanto cari alla cultura folk americana, sostituita dall’industrializzazione selvaggia. Il disco si conclude nella maniera più personale possibile con l’ascolto di un messaggio vocale del padre perduto da poco, che ora su disco non morirà mai.

Rocco Sfragara

 

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