JULIA HOLTER
“Something In The Room She Moves”
(Domino Recording, 2024)
Il nuovo album della cantautrice americana Julia Holter è uscito il 22 marzo 2024 a ben sei anni di distanza dal precedente Aviary. Un disco, come è capitato a tanti artisti negli ultimi anni, dalla lunga preparazione: in questo caso, oltre all’inevitabile pandemia, ci sono stati anche una gravidanza e dei lutti familiari che hanno inevitabilmente allungato i tempi. Il risultato è un disco che abbandona, anche se non completamente, le sperimentazioni del precedente, per abbracciare melodie jazzate, con arrangiamenti che possono vagamente ricordare i dischi di David Sylvian o Kate Bush. Il titolo dell’album richiama la Something beatlesiana, una canzone che la Holter cantava per cullare la figlia appena nata, con l’aggiunta di “room”, che significa non solo “stanza”, ma anche «spazio», «ambiente» dove collaborare al processo creativo con altri artisti, come ha dichiarato in un’intervista alla rivista Under The Radar.
Il disco è aperto da Sun Girl (anche primo singolo tratto dall’album) che è una sorta di filastrocca dedicata alla figlia “… Sun girl, Sun girl, sun may, some girl, sun maze, some girl, outrun, dream day, dream day, guess game, guess game …”, che si sviluppa tra frequenti cambi ritmici, flauti e tastiere rarefatte e che mischia due versioni della stessa canzone, con la prima parte che si chiude con flauti e basso in rotta di collisione e la seconda che risorge con maggiore enfasi su tastiere e percussioni. Si prosegue poi con These Morning, una ballad jazzata con una tromba che guida la melodia e un basso fretless che avvolge il tutto, con la voce di Julia che ripete “… just lie to me”.
La title track è un’altra ballad dove le tastiere evocano quel suono che Holter ha cercato di proporre nell’album (“… cercavo di creare un mondo dal suono fluido, simile all’acqua, che evocasse il suono interiore del corpo” ha dichiarato), mentre flauto e sassofono tenore sorreggono la fantastica melodia del ritornello “… when I’m in the furniture, I believe what I can, What I seek could be so nice, What I seek could be so life, like paint in wine, And I wake to find that, there is something in a vacuum, and there’s nothing in the front room, Oh my feet are still in the garden”. In Spinning, invece, i sintetizzatori la fanno da padrone, su una ritmica da metronomo, mentre la voce si arrampica ovunque, con un testo enigmatico.
La parte sperimentale dell’album la troviamo in Meyou, un brano a cappella con cinque voci femminili, che inizia come una preghiera laica per poi continuare in un crescendo in cui ogni voce va per conto proprio, per poi ritornare insieme sulla melodia iniziale, ripetuta come un mantra fino al limite della sopportazione. Altro brano che si discosta un po’ dall’atmosfera del disco è lo strumentale Ocean, un ambient basato su un tappeto di suoni del sintetizzatore su cui improvvisano contrabbasso e clarinetto. Si torna poi alla ballad melodica con Materia, per sola voce e Wurlitzer, e poi alla bellissima Evening Mood, con una linea melodica efficacissima, nel cui testo l’artista riflette il suo essere madre. In Talking To The Whisper, invece, contrabbasso e basso fretless guidano con calma il brano lungo lo spazio siderale, con un finale degno dell’Arkestra di Sun Ra, in cui i fiati si schiantano ai margini della galassia. Il disco si chiude con la tranquilla Who Brings Me, una meraviglia senza ritmica per voce, tastiere, contrabbasso e clarinetto. Something In The Room She Moves è senz’altro un ottimo album, che conferma Julia Holter come una delle musiciste più interessanti in circolazione.
Mario Clerici
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