NEIL YOUNG
“Before And After”
(Reprise, 2023)
Before And After suggerisce, a partire dal suo stesso titolo, che Neil Young stia attraversando una sorta di nostalgico stato d’animo contemplativo in questa nuova e insolita avventura acustica, visto che una buona parte di esso lo vede guardare a ritroso fino ai suoi esordi. Tra queste tracce sono infatti presenti un certo numero di canzoni composte per i Buffalo Springfield, bilanciate da alcune rarità (Homefires, If You Got Love) o selezionate da Ragged Glory, Sleeps With Angels e Mirror Ball, tutti album che in retrospettiva possono essere visti come il frutto di un periodo particolarmente ispirato ma inquieto per l’artista. Al contrario questo Before And After non risulta né battagliero, né elettrico e non presenta altro musicista oltre al canadese che si accompagna con una chitarra acustica, un’armonica e, occasionalmente, con un organo a pompa.
La crudezza degli arrangiamenti aiuta ad attirare l’attenzione sulla distanza tra l’origine di una canzone, aldilà del decennio di provenienza, e il presente di Young. Ora che si avvicina agli ottant’anni il Loner non appare per nulla fragile ma la sua voce mostra comunque una certa irregolarità legata all’età. Abbracciando la sua tonalità vocale alterata e acuta, Neil Young mette in risalto il tenero desiderio che percorre queste tracce meno conosciute che diventano quasi dei mantra, ronzanti e altamente risonanti, intrisi del dolore degli anni.
Nonostante siano state scritte in varie fasi della sua vita, sono accomunate dalla sua iconoclastia, dalla sua dedizione alla terra e dalla sua ricerca dell’amore universale. Fili comuni che sono enfatizzati dal modo in cui questi 13 pezzi si susseguono e si fondono come in una suite o in un montaggio musicale senza inizio e fine, permettendo agli ascoltatori di immergersi in quest’opera come un’esperienza d’insieme unica, arcana, ipnotica ma tutto sommato trascurabile.
Probabilmente non sarà l’ultima registrazione ufficiale delle prolifiche uscite di Young ma Before And After potrebbe rappresentare un’appropriata dichiarazione musicale finale. Tuttavia risulta tutt’altro che essenziale nella sua prolifica e variegata discografia. È più una curiosità di fine carriera e probabilmente piacerà ai suoi fan più devoti che apprezzeranno lo stile con cui riesce a gettare nuova luce in un modo meravigliosamente crudo su alcune rarità che altrimenti rimarrebbero profondamente sepolte nel suo vasto catalogo.
Marco Galvagni