JETHRO TULL
"The Zealot Gene"
(Inside Out Music, 2022)

Scrivere che mi sono quasi assegnata di ufficio questa recensione non è cosa molto lontana dalla realtà, prima di tutto essendo il più anziano nella redazione di Frastuoni webmagazine. Poi ho avuto la fortuna anagrafica di vivere in prima persona in tempo reale le vicende artistiche progressive dei grandi Jethro Tull del carismatico Ian Anderson (cantante, flautista, armonicista, compositore) che ho sempre considerato una band geniale ed eclettica, sin dai suoi primissimi lavori in studio di fine anni ’60 quando flirtava ancora con blues e jazz (nel disco di debutto This Was, 1968).

Non li ho persi di vista più o meno fino al declinare degli anni ’70, quando però il loro periodo d’oro più creativo (quello a cavallo tra ’60 e ’70 di Stand Up, Benefit, Aqualung, Thick As A Brick) si era concluso: i seguenti War Child, A Passion Play, Songs From The Wood, Heavy Horses, Minstrel In The Gallery non hanno mai perso in dignità compositiva ed esecutiva, dischi sempre intriganti a metà strada tra folk, hard rock e suggestioni classicheggianti barocche, ma non reggevano fatalmente il confronto con i primi sunnominati capolavori in studio.

Gli anni ’80 e ’90 non hanno rappresentato una battuta d’arresto nell’attività compositiva di Ian Anderson (autore anche di un paio di pregevoli lavori solisti, tendenza che si intensificherà nei 2000) e del fido chitarrista Martin “Lancelot” Barre, ma inevitabilmente si trattava di dischi (Roots To Branches, Catfish Rising, Crest Of A Knave, A Little Light Musipc etc) che riproponevano più o meno stancamente i loro vecchi clichés e déjà-vu musicali, ultimo dei quali J-Tull Dot Com del 1999 a concludere secolo e millennio.

I 2000 dei Jethro Tull sono stati caratterizzati da alcuni live e operazioni varie tra cui un Christmas Album del 2003 fino ad uno The Strings Quartet del 2017. Come si diceva prima nel frattempo l’irrequieto mai pago Ian Anderson accentua la sua attività solista fino a realizzare tra 2012 e 2014 Thick As A Brick 2 ed Homo Erraticus (suo sesto album solo) che approntano entrambi materiale collegato allo tematiche dello storico Thick As A Brick originale. Trova anche il tempo per commissionare a Steven Wilson, lo stregone musicale dei monumentali hard-prog Porcupine Tree, il remix di Aqualung che vede la luce nel 2011 in una deluxe multiple disc edition 40th Anniversary.

Si arriva così a questo nuovo The Zealot Gene, uscito il 28 gennaio 2022 su Inside Out Music dopo una lunghissima gestazione e registrazione durate 4 anni, dal 2017 al 2021, ventiduesimo album in studio di una band che vede ormai unico superstite dell’antica line-up originaria l’inossidabile e instancabile Ian Anderson. Con lui nel 2022 Jethro Tull sono: il tedesco Florian Ophale alla chitarra elettrica (un manico che, ad essere onesti, nei suoi interventi solistici non impallidisce troppo negli inevitabili paragoni con l’epico e indimenticabile stile di Martin “Lancelot” Barre), David Goodier al basso, John O’Hara alle tastiere, Scott Hammond (batteria, percussioni). Solo nel brano In Brief Visitation poi compare un altro chitarrista, Joe Parrish-James. Nuovo materiale di studio quindi questo The Zealot Gene a 23 anni da Jethro-Tull Dot Com, 19 dal Christmas Album, in ogni caso un lunghissimo lasso di tempo. Ma soprattutto un’occasione per verificare l’eventuale persistente validità di una formula sonora più che ampiamente sperimentata in quasi 55 anni, più di mezzo secolo signori.

Il “chiasso” dei media online sul nuovo disco è stato notevolissimo, ma il nostro accentuato timore (ampiamente motivato crediamo) era, ascoltandolo, di trovarci di fronte ad una sterile e più che scontata rimasticatura di cliché compositivi e musicali fuori tempo massimo. Abbiamo invece dovuto clamorosamente ricrederci, e con piacere: The Zealot Gene possiede nell’interezza dei suoi 12 brani una freschezza di ispirazione e compositiva (naturalmente addebitabile interamente a Ian Anderson) che ci ha lasciati esterrefatti. Nulla di particolarmente nuovo musicalmente sotto il sole, tanto per intenderci, ma a stupire è proprio quel ribadire di mr. Anderson e c. con grandissima dignità artistica e nuova linfa vitale uno spleen espressivo ed esecutivo carismatico che ha fatto storia e che ancora nel 2022 riesce ad appassionare e coinvolgere emotivamente. Si può leggere in rete che lo stesso Anderson avrebbe dichiarato di “aver usato in The Zealot Gene riferimenti biblici per descrivere un mondo di invasati ed esaltati, di populisti e fenomeni da social media, ma con l’umorismo nero tipico dei britannici”. Una lettura quindi nei testi fondamentalmente critica se non cruda dei tempi ambigui e tristemente vacui che viviamo nei 2000.

Venendo all’aspetto strettamente musicale del disco a prevalere sono quelle ballate, spesso di sapore squisitamente british folk, che in tanti frangenti in passato hanno rappresentato uno degli aspetti più fascinosi del sound Jethro Tull: è il caso di The Betrayal Of Joshua KyndeThree Loves, ThreeWhere Did Saturday Go?Sad City Sisters con tanto di fisarmonica, Jacob’s Tales nella quale Anderson rispolvera e tira a sorpresa fuori dalla sua faretra quell’armonica a bocca in cui è altrettanto abile (come in tal caso) quanto con il suo celeberrimo e spiritato flauto. In Brief Visitation ospita un riff coinvolgente e archi (tastiere?) seducenti. Ma a far lievitare prodigiosamente lo spessore qualitativo del disco sono episodi più stratificati negli sviluppi tematici nei quali il folk si sposa felicemente con il taglio hard rock delle chitarre di Florian Opahle (Mrs. Tibbets, con le tastiere di O’Hara in bella evidenza – Barren Beth, Wild Desert John – The Zealot Gene). Anche qui assolutamente nulla di inedito per la band, ma questo mix di appeal musicalmente diversi nel 2022 suona ancora maledettamente efficace e seducente.

Citiamo per ultimi i brani nei quali l’album raggiunge i suoi picchi creativi: la saltellante, sulfurea, tipicamente tulliana Shoshana Sleeping, video/singolo uscito il 5 novembre 2021, all’insegna di un vivacissimo riff flautistico tipicamente andersoniano, e le intense Mine Is The Mountain e The Fisherman Of Ephesus, addirittura esaltanti nel rimandare alle pagine più carismatiche di capolavori come Aqualung e Benefit. Il 10 agosto 2022 Ian Anderson compirà 75 anni: se dopo tanti anni a questa età se ne è uscito con un disco di tale levatura speriamo fiduciosi di non aspettarne altri 10, quando ne avrà 85, per poter godere di un seguito discografico altrettanto qualitativamente miracoloso.

Pasquale Boffoli

 

Jethro Tull Official

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