ALEXANDER THE LARGE
"Alexander De Large Sings The Songs Of Lou Reed"
(Leper Without A Cause, 2022)
Alexander De Large – Lepers Produtcions – Lepers Without A Cause
Presentiamo prima di tutto Alexander The Large, tramite uno stralcio tratto dal mio libro “Bari Rock Days” – scritto insieme ad Antonio Rotondo – (Adda Editore, 2016), anche se questo singolare ed eclettico artista/cantante produttore indipendente e fuori dai canoni (si autodefinisce “… il più punk tra i crooner”) risiede ed opera da almeno 10 anni a Milano passando dalla Sicilia, come ci ha informato (tra l’altro) in una sorta di intervista informale online.
“… il terzo millennio musicale barese coincide anche con la nascita nel 2005 di Lepers Produtcions, un’etichetta-congrega informale ed anarchica di giovani musicisti (?) situazionisti locali dai nomi demenziali: Alexander De Large, Superfreak (al secolo Giuseppe Laricchia), Garage Boy, Gli Putridissimi, Panzanellas, Bread Pitt, Texans From Bari, Frogwomen, che distribuiscono alle masse i loro lavori gratuitamente, in streaming e free download nel loro sito. Le loro creazioni, pregne di un atteggiamento dadaista e sardonico verso la tradizione rock e cantautorale in generale, oscillano tra il nonsense e l’avanguardia” (dal volume “Bari Rock Days”, pag. 57).
Alexander mi dice che “… in Lepers Produtcions, una manica di scalmanati, ci sbattevamo soprattutto io e Superfreak, che oggi è rimasto da solo a curare quella sigla. Io ho ormai da tempo una mia micro-etichetta, la Leper Without A Cause, la gestisco da solo e il nome è scelto per mantenere l’immaginario della mia vecchia etichetta, cioè la Lepers Produtcions, o meglio … per creare confusione”.
La Leper Without A Cause può vantare dal 2018 ormai un nutrito catalogo di 23 release (in vendita a prezzi super/popolari, alcune sold out) in formato cassetta, supporto ormai da tempo immemore “vintage” che De Large ha rilanciato con la sua etichetta con un’operazione originalissima, come minimo controcorrente.
I tributi a LOU REED
A proposito di questo recente Alexander The Large Sings The Songs Of Lou Reed, suo lodevolissimo tributo all’immortale arte musicale urbana e suburbana del grandissimo songwriter/cantante/chitarrista newyorkese scomparso il 27 ottobre 2013 a 71 anni, il nostro aveva espresso il suo disappunto nei social: “… nei 9 anni dalla sua dipartita – scrive più o meno – Lou Reed non è stato omaggiato e rivisitato come altri artisti iconici non più con noi”.
In realtà questo è vero solo in parte: nel 2014 il songwriter americano Joseph Arthur ha pubblicato per la Vanguard “Lou”, una sua sentita serie di rivisitazioni che vale decisamente la pena cercare e ascoltare. Nel 2021 è uscito su Ace Records/collana Songwriters What Goes On: Songs Of Lou Reed, in realtà una raccolta di cover di Reed incise da nomi eccellenti del panorama rock internazionale attraverso gli anni. Sempre nel 2021 con I’ll Be Your Mirror: A tribute To The Velvet Underground & Nico (Universal Music/Verve) è il primo famoso album dei Velvet Underground ad essere rivisitato brano per brano da noti artisti della scena indie e rock.
“Alexander The Large Sings The Songs Of Lou Reed”
Una “lettera d’amore” la sua all’artista newyorkese – secondo le parole dello stesso Alexander – che inaugura il 2022 con una potenza e originalità rivisitate qualitativamente davvero altissime e stupefacenti, accodandosi ai tributi che l’hanno preceduto a volte con dignitoso rispetto di alcuni episodi topici del repertorio storico di Reed (Perfect Day, The Bed, Vanishing Act), altre stravolgendolo soprattutto strumentalmente (The Bells, The Blue Mask, White Light/White Heat, Street Hassle). L’estetica strettamente lo-fi con cui De Large ha realizzato le 12 cover del tributo ne fanno un vero gioiello prezioso e luccicante.
Lui fa tutto da solo: canta, suona chitarre, bassi, batterie, pianoforti e giochini vari, avvalendosi in questo tributo di alcuni efficaci e funzionali apporti strumentali in talune occasioni da parte di musicisti della scena indie (Bob Cillo, Davide Di Giovanni, Davide Miele, Santabiúnder, Elio Mangiark). La vera carta vincente del tributo è proprio la timbrica della sua voce profonda e “caldamente” fredda e distante, affine a quella di Lou Reed in modo sbalorditivo: in Coney Island Baby ad esempio la compenetrazione tra le due voci è quasi inquietante.
Riuscitissimi gli arrangiamenti “country” di Satellite Of Love e New Sensations – tra i momenti più godibili del tributo – e quello pesante e metallarizzato di Coney Island Baby con le “metal machine guitars” di Sara KO Fontana in grande spolvero. Ma i veri “pugni nello stomaco” (o in faccia) della raccolta sono il mood asfissiante e opprimente di Street Hassle, l’anfetamina esecutiva martellante di I’m Waiting For The Man, la potenza assassina di The Blue Mask che cinge d’assedio l’ascoltatore anche in virtù della wha guitar di Bob Cillo, l’urgenza febbricitante di White Light/White Heat, tutti episodi grondanti chitarre iper-eccitate. Anche Venus In Furs subisce un riuscito arrangiamento articolato. Tornando alle performances vocali di Alexander De Large, si fanno particolarmente apprezzare quelle di The Bed e Vanishing Act, fedelissime al mood decadente e all’abbandono espressivo che ne hanno fatte due tra le composizioni più carismatiche della carriera di Reed, anche se separate da un’abissale distanza temporale di concepimento.
Alla fine questo tributo riesce nell’intento non certo facile di “esplorare” diverse sfaccettature del songwriting di Lou Reed, anche se ad essere privilegiato è decisamente il suo lato più oscuro, decadente e sperimentale, quello che spinge il pedale dell’acceleratore verso un sound malato di matrice Velvet Underground – il convitato di pietra che si aggira per tutto l’album – accentuandone addirittura la dimensione oppressiva e conturbante.
Un tributo molto diverso dall’altrettanto dignitosissimo e piacevole Lou di Joseph Arthur del 2014 (con cui condivide solo due brani, Satellite Of Love e Coney Island Baby), dai toni pastorali e concilianti, improntato ad un’espressività quasi da songwriter californiano che non sempre si concilia con il mediamente torbido Zeitgeist loureediano.
Meglio il “vizioso” tête-à-tête con Reed di Alexander De Large, qualche volta forse un po’ troppo compiaciuto come unica pecca in un progetto in definitiva di altissimo profilo.
Pasquale Boffoli
“Alexander De Large Sings The Songs Of Lou Reed”
https://leperwithoutacause.bandcamp.com/album/alexander-de-large-sings-the-songs-of-lou-reed
Leper Without A Cause (Catalogo)
https://leperwithoutacause.bandcamp.com/merch
Alexander De Large
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