MARGARET MEAD
"New Dot"
(Autoprodotto, 2022)
Inizia in modo brillante il 2022 per il rock alternativo pugliese (Bari in questo caso) con New Dot, il debutto dei Margaret Mead, band che prende in prestito il nome da un’importante antropologa americana del ‘900, mancata nel 1978. Abbiamo usato all’inizio l’aggettivo “brillante” perché appare chiaro, dall’ascolto di questi 9 brani complessi e variamente strutturati, quanto impegno e lungo lavoro di preparazione i quattro musicisti ci abbiano messo per arrivare al risultato finale.
Nulla è lasciato al caso in episodi potenti come Break All Your Fears, lo strumentale Limbo, la lunga Dark Door (7 minuti) sino a Your Face, scelto dalla band come biglietto da visita, forse il momento più “orecchiabile” del lavoro. A prevalere, grazie al sapiente e fascinoso intreccio strumentale dei due chitarristi Alessio Amatulli e Giorgio Morea, è un appeal decisamente dark metal (o post metal se preferite) quadrato e aggressivo, che non può non riportarci alla mente emblematici campioni (a livello internazionale) di questo apocalittico approccio rock a cavallo tra i ’90 e i duemila come gli americani Tool, un nome per tutti. Ma attenzione, i Margaret Mead e New Dot possiedono anche una seconda anima musicale, squisitamente progressive e melodica che viene fuori da frequenti lirici, lenti “abbandoni” ritmico-espressivi (Silence Please, Keep Me, Ready For My Show) veicolati molto anche dalla gradevole vocalità di Domenico Maiellaro (autore parrebbe anche dei testi, in rigorosa lingua inglese), un lead vocal non particolarmente aggressivo, funzionale alle atmosfere dei brani. È l’alternarsi costante di queste due facce di una stessa medaglia, spesso e volentieri all’interno dello stesso brano, a caratterizzare un po’ tutto New Dot, che riserva spesso all’ascoltatore oscure, introverse elegie sonore progressive/post rock memori della lezione degli eccellenti Porcupine Tree, per fare non a caso un altro nome “eccellente”. È decisamente il caso della finale lunga ed elaborata Pale Blue Dot (oltre 12 minuti), dove il tormentato dialogo cromatico tra le due chitarre si addentra in un intenso suggestivo territorio dark quasi di stampo Cure: ecco fatto un terzo nome eccellente.
Per concludere non esitiamo ad affermare che New Dot possiede una caratura internazionale; se ci è permesso dare un suggerimento per il futuro ad Alessio Amatulli, Giorgio Morea, Domenico Maiellaro e Vince Floro (valido batterista), auspicheremmo ulteriori proficui approfondimenti del sound in direzione progressive e, al contrario, un alleggerimento della componente metal, in alcuni frangenti del disco invadente, troppo accentuata e seriale. Buon lavoro.
Pasquale Boffoli