STATE OF ART
"Dreams Factory"
(Retrogroove, 2016)
È da poco più di un mese che è uscito il nuovo lavoro degli State Of Art, band milanese, di cui avevo già scritto in occasione dell’uscita dell’EP At Work, dato alle stampe nell’ottobre del 2012 per la Killed By Disco Records. Vale la pena ricordare, per chi ancora non lo sapesse, che stiamo parlando di una delle band più longeve di tutto il panorama musicale italiano nata nel folgorante periodo della new wave. Capitanata dal carismatico Fred Ventura, muove i suoi primi passi agli albori degli anni ’80, sull’onda del successo di band inglesi come Ultravox, Joy Division e Japan, ma subito capace di assimilare anche le nuove tendenze electro-funk di casa Factory, come New Order, Section 25 e A Certan Ratio. Nonostante il lungo periodo di stasi durato quasi l’arco di un ventennio, dal 2008 ad oggi la band è riuscita a riprendere il discorso creativo iniziato all’epoca del debutto, riproponendosi con nuovo fervore creativo. Testimonianza della rinnovata verve compositiva sono le diverse uscite discografiche che hanno caratterizzato gli ultimi anni, dalla presenza nelle compilation Milano New Wave del 2008 e Italia New Wave del 2012 (entrambe edite dall’italiana Spittle Records), passando per i singoli At Work (2012) ed il recente Walking Machine, terminando con l’antologia Dancefloor Statements 1982-1983 e l’unico disco a lunga durata presente nella loro discografia, ossia la versione in CD di At Work, su Retro Active Records, con ben 8 bonus track.
Arriviamo, dopo questa doverosa introduzione, alla nuova produzione intitolata Dreams Factory, su Retrogroove Records, prodotta e mixata dagli stessi Fred Ventura e Stefano Tirone (basso). La band propone un variegato mix di elettronica, italo-dance e funk uniti al post-punk e al synth-pop, proponendoci 8 brani dinamici, accattivanti e perfettamente omogenei. Stampato con un artwork dall’esplicito richiamo alle grafiche di Peter Saville (Factory Records), l’edizione è limitata a sole 250 copie, le prime 100 in vinile trasparente, le restanti in vinile nero. Dall’iniziale Move On, ritmata e visionaria da pre-serata, all’intrigante electro-funk di Still Alive, passando per il tecno-pop alla New Order di Just Waiting e il tribal-funk-dance dell’avvincente Action, l’album ripercorre la storia della band e delle sue influenze, senza mai cadere nella banalità grazie alla voce incisiva di Fred Ventura, alle ottime chitarre di Livio Fogli, al basso pulsante di Stefano Tirone e alle algide tastiere di Andrea Poggi. La comunione artistica davvero convincente dei nostri trova la sua massima espressione in brani come Walking Machine, chitarristica e vorticosa, Dreamers, puro new romantic, e Rhythm Of Love, pregna di passioni notturne dance-oriented.
Come già ribadito nella precedente recensione, nel grande puzzle che è stata la musica “altra” in Italia, gli State Of Art segnano, nuovamente, una linea precisa, marcando ciò che sono e ciò che sanno ancora darci. Senza strizzare l’occhio a inutili mosse commerciali nè a pretenziose ispirazioni sperimentali, ci propongono un album diretto e sincero, capace ancora di stupire, sia sotto l’aspetto compositivo che esecutivo. Dreams Factory rende merito ad una band che ha scritto una pagina musicale importante degli anni ’80 in Italia. Non solo un disco, un atto d’amore che la band porge a noi ascoltatori, ma ancora prima, a se stessa.
… “with rhythm of love” …
Marco Pantaleone