ENRICO NEGRO
"La Memoria Dell'Acqua"
(Solitunes, 2015)
In un mondo, quello occidentale, col quale ci troviamo a fare i conti tutti i giorni con ritmi di vita spesso frastornanti e cerebrali, prigionieri di password, bulimici di notizie e social network e con guerre e nuove miserie per nulla peregrine che bussano alle porte dell’Europa, un lavoro come La Memoria Dell’Acqua di Enrico Negro ci riporta in un altrove, inconscio e pieno di sconosciuto fascino. La terza pubblicazione del catalogo Solitunes Records, preziosa etichetta torinese che si propone di pubblicare “solo dischi in solo”, è dedicata al secondo album di questo straordinario e solitario chitarrista piemontese che giunge a dieci anni dal primo lavoro. Diplomato in chitarra nel ’91, Enrico Negro è diventato nel corso degli anni punto di riferimento nell’ambito della ricerca e dello studio di musica antica e moderna, di origine italica ed europea, occitana e dell’arco alpino, affiancando spesso la sua attività di concertista di respiro internazionale a quella col Vivaldi Guitar Trio. Se l’artwork “concettuale” della copertina (la capacità dell’acqua di mantenere un ricordo delle sostanze e degli eventi in cui entra in contatto) potrebbe richiamarci e riportarci all’estetica grafica del Jim O’Rourke di Tamper, il suo contenuto è molto più chiaro e limpido.
Nell’ora scarsa del CD di sola chitarra, Enrico Negro si confronta con un repertorio chitarristico, tra adattamenti da danze e tradizionali e composizioni proprie, con vari stili e toni, dal classico, al folk, all’etnico, una world music insomma nel senso più alto, antico e al tempo stesso moderno del termine. Un fiume in piena di note provenienti da una sorgente acustica, catartica e cristallina, dove il nostro Enrico col suo sapiente fingerstyle si avvicina e ci ricorda più il britannico John Renbourn, suo confessato maestro, che l’americano Fahey.
Così possiamo apprezzare e passare dalla purezza dell’iniziale La Memoria Dell’Acqua, di suo pugno e con tanto di intro renbourniani, al tradizionale anonimo, Ma Maire / La Perugia, un medley dove la prima è una danza tradizionale delle Alpi francesi del 1909 e la seconda un salterello rinascimentale. Dalla complessa e barocca Il Lungo Inverno al ragtime piemontese Detective Rag, senza trascurare l’Omaggio A Manuel De Falla”, “secondo” il compositore piemontese Carlo Mosso o quello al grande compositore C. Monteverdi Chi Vol Che M’Innamori, per concludere con addirittura A Cumba, si proprio quella di De Andrè/Fossati. Per concludere non trovo modo migliore che lasciarvi alle parole dello stesso Enrico Negro, contenute all’interno del libretto, “Siamo acqua che cade, acqua che scorre, fluisce, si infrange, conosce, incontra, sperimenta e … imparando crea …”.
Giuliano Manzo