LE CANZONI DI CAINO
L'omicidio nella storia della musica popolare
(Prima parte)
Credo di non sbagliarmi affermando che, dopo l’amore, in tutte le forme e sfumature immaginabili, la morte, nelle altrettanto numerose varianti possibili, costituisce il tema da sempre più frequentato di tutta la storia della pop music. Anche restringendo il campo di indagine al solo tema della morte per omicidio, il materiale disponibile è sufficiente a compilare, non un semplice articolo, ma un ponderoso saggio monografico. Dunque, in questa indagine, suddivisa in due parti, sulle relazioni che intercorrono tra assassinio e musica popolare, procederemo con ordine e senso della sintesi, seguendo una lunga traccia di sangue che solca ininterrottamente interi secoli, macchiando di rosso vivo pressoché ogni genere-stile, nessuno, o quasi, escluso. Esagerazione? Niente affatto … La morte violenta di un uomo per mano di un altro uomo è un’immagine di potenza tale da attraversare tutti i tempi e tutti gli spazi umani. Il gesto di Caino scava nelle coscienze, apre un abisso intorno al quale, da sempre, viene celebrato ogni genere di rituale catartico.
Il termine murder ballad indica un sottogenere della ballata tradizionale già noto in Europa a partire dalla metà del 1600. Si tratta di composizioni musicali il cui testo letterario è ispirato ad un delitto di sangue, reale o immaginario, narrato nelle varie fasi del proprio divenire e compiersi: la descrizione della vittima e dell’assassino, il luogo del crimine e l’atto omicidiario, la fuga e la cattura del colpevole e, in conclusione, il castigo del condannato dietro le sbarre di una prigione o in cammino verso il patibolo. Nella maggior parte dei casi si tratta di crimini passionali, delitti d’impeto che hanno per vittime figure femminili, ma esistono anche soggetti di altro tipo e alcune sostanziali variazioni sul tema. La narrazione può avvenire tanto in prima persona, per voce dell’omicida o della vittima, quanto a mezzo dell’interprete-cantore, così come può riportare, a seconda dei casi, una descrizione degli eventi più o meno dettagliata-fedele alla cronaca o liberamente romanzata.
Pretty Polly (anche nota come The Gosport Tragedy o The Cruel Ship’s Carpenter), ad esempio, è un classico del genere. Canta l’omicidio di una giovane donna attirata nel bosco dal suo amante-carnefice il quale, a delitto avvenuto, ne occulta il corpo in una fossa poco profonda. In molte versioni l’assassino è un carpentiere navale che da prima promette di sposare la sventurata Polly per poi ucciderla quando scopre che essa è incinta. Tormentato dal fantasma della vittima, l’uomo finirà per confessare il proprio crimine e morire. Come Pretty Polly, anche The Two Sisters (o Cruel Sister, Minnorie e Binnorie, a seconda delle versioni) è una delle ballate omicidiarie più antiche. Nel testo si racconta come la maggiore di due sorelle annega la minore in uno specchio d’acqua per gelosia sessuale. Con le ossa e i capelli del corpo rinvenuto, viene poi costruito uno strumento musicale, con il quale cantare-denunciare l’atroce crimine, affinchè vendetta venga fatta. Diversamente dai due casi appena citati, le cui origini si perdono nelle nebbie del tempo ammantandosi di leggenda, esistono ballate come Omie Wise, The Knoxville Girls e Banks Of The Ohio ispirate a femminicidi realmente accaduti nell’America di un secolo fa e resi popolari dalla cronaca nera dell’epoca.
All’inizio del secolo scorso, infatti, la murder ballad, tramandata oralmente dal vecchio continente, si radica nel nuovo mondo, in continuità con una tradizione che, pur nel mutare delle forme, arriva fino ai giorni nostri. Tutto il repertorio dell’american pre-war folk: dal country al blues del Delta, passando per l’appalachian music, è un ricettacolo di vecchie e nuove murder ballad, come frequentemente testimoniato dalle note ricerche archeo-musicali di Alan Lomax . E non è certo un caso se la celebre Anthology Of American Folk Music compilata da Harry Smith, apre con Henry Lee, uno standard del genere. È infatti a partire dalle leggendarie prove di bluesman d’annata come Mississippi John Hurt e Leadbelly che la ballata d’omicidio finisce per accomunare trasversalmente il repertorio delle firme più prestigiose della musica pop del secolo scorso: Woody Guthrie (Stagger Lee, Cocaine Blues), Johnny Cash (Long Black Veil, Delia’s Gone, Folsom Prison Blues, I Hug My Head), Elvis Presley (Frankie And Johnny), Bob Dylan (Young Hunting, Ballad Of Hollis Brown, The Lonesome Death Of Hattie Carroll), Joan Baez (Mary Hamilton, Lily Of The West, Banks Of The Ohio), ma anche Frank Sinatra, Louis Armstrong, Duke Ellington, Fats Domino, Sam Cooke, Charlie Louvin, Neil Young, The Byrds, The Grateful Dead e molti altri ancora.
Nel 1958 Tom Dooley, una ballata che ha per protagonista un giovane veterano della guerra di secessione, reo di aver accoltellato la fidanzata con la complicità della sorella di lei e per questo condannato all’impiccagione, eseguita dal Kingstone Trio, si piazza addirittura al numero uno della classifica di Billboard. Sono inoltre murder ballad a tutti gli effetti anche: la celeberrima Hey Joe di Jimi Hendrix, Nebraska, dall’omonimo capolavoro di Bruce Springsteen, Suffer Little Children The Smiths e Where Did You Sleep Last Night, eseguita dai Nirvana nel corso del loro unplagged per MTV. Questo giusto per citare solo alcuni dei casi più celebri. Mentre dalle nostre parti, ci pensa Fabrizio De Andrè a rappresentare autorevolmente la categoria, musicando i versi de L’Antologia Di Spoon River.
Pur non essendosi mai veramente eclissata, la tradizione della murder ballad, nel suo spirito originario, è stata riportata in auge nel 1996 dall’album intitolato, non a caso, Murder Ballads di Nick Cave e dei suoi Bad Seeds. Grazie ad un autentica passione per le radici, unita ad un talento indiscusso, Cave rilegge, alla propria febbrile maniera “maledetta”, alcuni classici del “folklore sanguinario”, rendendo indimenticabili i suoi duetti vocali con Kylie Minogue in Where The Wild Roses Grow, e P.J. Harvey in Henry Lee. A due anni di distanza dalla seminale pubblicazione di Cave, vedono la luce un’altra coppia di lavori totalmente consacrati al culto della “canzone di Caino”. Si tratta di Murder, Misery And Then Goodnight, firmato da Kristin Hersh, ex-voce delle Throwing Muses, e Murder Ballads – The Complete Collection, raccolta tripla dell’opera a quattro mani di Mick J. Harris (Napalm Death, Scorn, Lull) e Martyn Bates (Eyeless In Gaza). Ma mentre il primo si iscrive pienamente nel solco della tradizione, optando per una limpida scrittura acustica, il secondo, al contrario, rompe totalmente gli schemi. Qui, infatti, il raggelante canto di Bates fluttua come un ectoplasma sulle miasmatiche strutture ambient-isolazioniste abilmente create da Harris, determinando una resa finale tanto tenebrosa, quanto assolutamente indedita.
A questo proposito, bisogna considerare che i radicali mutamenti sociali e culturali avvenuti negli ultimi decenni, inevitabilmente, hanno prodotto importanti trasformazioni anche nella concezione-percezione della murder ballad, la quale, pur non dimenticando del tutto le proprie origini, si è sviluppata, anche e sopratutto, in forme eterodosse. Si assiste così all’emersione di nuovi soggetti come l’omicidio seriale, suggerito dalla moderna classificazione criminologica, lo sterminio di massa, indotto dalla memoria dell’olocausto, o l’assassinio a sfondo poltico-terroristico. Da metà anni ’70 in poi, un nuovo immaginario criminale irrompe dunque nel mondo del pop e, affiancandosi-sommandosi a quello già noto da secoli, contamina tutte le sue svariate derive stilistiche: punk e post-punk, industrial e post-industrial, noise rock, metal e hip-hop, in primis.
Qualche esempio-ascolto al volo … Nel punk di prima generazione: Sex Pistols No One Is Innocent, The Clash Wrong’ En Boyo, Dead Boys Son Of Sam. Nel post-punk: Suicide Frankie Teardrop, Talking Heads Psycho Killer, The Cure Killing An Arab, The Birthday Party Jack The Ripper. Nell’industrial old school: Throbbing Gristle Very Friendly, Monte Cazazza Mary Bell, Cabaret Voltaire Baader Meinhof, Whitehouse Dedicated To Albert De Salvo / Peter Kurten. Nel post-industrial: Coil Ostia, Current 93 Beausoleil, Diamanda Galàs Abel Et Cain. Nel noise rock: Sonic Youth & Lydia Lunch Death Valley 69, Swans Killing For Company, Melvins Zodiac. Nel metal: Slayer Angel Of Death, Fear Factory Suffer Age, Cannibal Corpse Addicted To Vagina Skin. Nell’hip-hop: Beastie Boys Looking Down The Barrel Of A Gun, Cypress Hill Insane In The Brain, Eminem Stay Wide Awake. Questo a puro titolo d’esempio. Per i completisti rimando all’elenco (rigorosamente in ordine alfabetico) di assassini e rispettiva tracklist di pertinenza alla pagina “List Of Songs About Or Referencing Serial Killers” di Wikipedia. Da Ted Bundy al killer dello Zodiaco, dall’icona malefica Charles Manson al necrofilo Denis Nilsen, passando dalla dimensione mitica della Contessa Elisabeth Bathory, a quella storica del nazista Josef Mengele, nessuno dei più letali sterminatori seriali manca all’appello.
Chi poi desiderasse ascoltare delle murder ballad dei nostri giorni, ma confezionate secondo le vecchie buone regole dei tempi andati, ecco una breve lista compilata a gusto personale, per chiudere idealmente il cerchio con l’american primitive folk di Dock Boggs, Frank Hutchinson e The Carter Family. Iniziamo con Tom Waits, il quale, nel suo album Orphans: Brawlers, Bawlers & Bastards (2006) interpreta una ruvida versione per sola voce e violino di Two Sisters che non può certo lasciare indifferenti. Altrettanto intensa, in quanto a struggente lirismo, è John Wayne Gacy Jr. (2005) di Sufjan Stevens, ispirata alle efferate gesta del killer-clown di Chicago, responsabile, tra il 1972 e il 1978, della morte di oltre trenta ragazzi in età compresa tra i 14 e i 21 anni. Sofficemente acustica anche My Beautiful Bride (2000) di The Handsome Family, che molti avranno apprezzato per l’opening theme della prima stagione di “True Detective”. Meritano infine una segnalazione di merito anche Little Sadie (1999) di Mark Lanegan, Lily, Henry And The Willow Trees (2005) cantata da Marissa Nadler e Westfall (2002) ad opera di Okkervil River.
In conclusione, viene da chiedersi come la tradizione della murder ballad possa esser sopravvissuta per secoli, e dove abbia reperito la forza per far udire il proprio canto in contesti così diversi da quello delle sue origini. Il XXI secolo, lo sappiamo bene, è il tempo della velocità, del consumo attimale, del mordi e fuggi assunto a modus operandi. Sottoposta all’incessante pioggia mediatica di informazioni, la coscienza contemporanea tende a rimuovere rapidamente ogni tipo di input, compresi quelli più scioccanti, nei confronti dei quali siamo, in buona misura, ormai anestetizzati. Eppure, ancora oggi, sentiamo la necessità di rappresentare i demoni che ci abitano, di portare allo scoperto il lato oscuro per poterlo osservare come si fa con la propria ombra, nella speranza che essa ci parli, rivelandoci l’ordine segreto che regola tutto questo caos di sangue, dolore e follia. Perchè è inutile ingannarsi, siamo tutti figli di Caino e il suo marchio brucia dentro ognuno di noi. Ma non è tutto … Presto dovremo tornare sulla scena del crimine in cerca di altri indizi e questo è esattamente ciò che faremo. È una promessa.
Quattro antologie consigliate per iniziare a familiarizzare con gli assassini:
- VV.AA. In The Jailhouse Now. Prison Songs And Murder Ballads (CMH, 2005)
- VV.AA. People Take Warning! Murder Ballads & Disaster Songs 1913-1938 (Tompkins S, 2007)
- VV.AA. Outlaw Blues: Murder Ballads & Prison Songs (Uncut, 2009)
- VV.AA. American Murder Ballads (Indie Europe / Zoom, 2009)
Gianluca Becuzzi