ULAN BATOR
"Abracadabra"
(Overdrive / Acid Cobra, 2016)
Non lasciatevi sfuggire il nuovo diamante grezzo degli Ulan Bator, Abracadabra, non fatevi scappare le intuizioni di quel color torba alle quali non ci si abitua mai, non perdete quella carica di pathos che Amaury Cambuzat sintonizza da sempre su scale cromatiche dal nero in giù, e lasciatevi risucchiare da mulinelli senza fine che costituiscono uno straordinario sfinimento di sensi ed emozioni.
Nono disco e rinnovato appuntamento col “buio esemplare” di una band che crea magnetismi e magie, rumori, sensazioni, elettricità molesta e poesia imbronciata, energie che si accostano ad un impatto immediatamente concepibile, un motus estetico e sperimentale che ingloba rock e noise, forma canzoni e isosceli traiettorie. Dieci brani che a loro modo esternano amore; il battito dell’amore, il percussivo dell’amore, il bailamme dell’amore, e tutto in maniera perfetta, in equilibrio tra intimità rappresa e il maestoso.
Ad un attento ascolto emergono nuove linee “di produzione” sonore e di identità, come in Saint Mars, Evra Kedebra, Protection, immerse in un lieve virare, come a guardarsi intorno per cercare lidi inconsueti e approdi da setacciare. Rimane comunque intatto il contributo allo stupore, a quel trasognato esplodere che vibra in Chaos, Coeurrida (con un James Johnston in gran spolvero) e Golden Down o nel dolciastro delirio di Radiant Utopia, capace di far salire il sangue a pressioni indefinibili, dannatamente indescrivibili.
Da avere a tutti i costi!
Max Sannella