ARNDALES
"Dog Hobbies USA"
(In The Red, 2014)
Cosa abbia spinto Anthony Chapman (chitarra e voce), Leighton Crook (basso), Andrew Whiting (tastiere) ed Andrew Kingston (batteria) a battezzare la loro nuova creatura come una delle catene di supermercati più imponenti del Regno Unito resta un mistero. E di misteri ne avremmo contati un bel po’ non fosse stato per una sorta di mini intervista alla quale mi sono trovato costretto per la totale mancanza di informazioni sulla band sia in rete che sul disco in questione (provate un po’ a dare uno sguardo alla voce “membri” sulla loro pagina Facebook per credere, in pieno stile Buck Biloxi). E così scopro che i nostri non sono affatto alle prime armi come già le rispettive età (tra i 40 e i 50) dovrebbero suggerire: i due Andrew, a cavallo tra gli ’80 e i ’90 hanno militato nelle fila di una punk band con influenze Wire, Swell Maps e Fall chiamata Thrilled Skinny, Leighton ha suonato il basso per molto tempo nei Country Teasers (che spero conosciate) per poi passare nei Montana Pete, tutti e tre hanno anche condiviso i Knockouts, una lo-fi surf band strumentale, infine Anthony si è fatto le ossa prima come bassista nei Pregnant Neck poi, per quasi tutti i ’90, in una band di nome Collapsed Lung che proponeva un hip hop evoluto. In questo Dog Hobbies USA invece, EP che segue di ben cinque anni l’album di debutto Dog Hobbies del quale ci ripropone Seven Dials For Several Villains e Hollywood Musical Theatre, ci offrono un massiccio “Three Counties ug-rock” o “Chilterns-straddling ug-rock” come amano chiamarlo. Di cosa si tratta? Anche qui è stato Anthony a svelarmi l’arcano: Three Counties è il nome di un’area a sud dell’Inghilterra, nei pressi (a nord) di Londra, che racchiude le “tre contee” Bedfordshire, Hertfordshire e Buckinghamshire, coperta quasi per intero dalle colline Chilterns che per metà “vanno” da Luton, da cui provengono Leighton e i due Andrew, a High Wycombe, quartier generale di Anthony. Ug-rock invece, riportando sempre le parole di Anthony, “is our way of saying we make stupid, unsophisticated music”.
La In The Red torna quindi a colpire con questo 12″ che raccoglie sei brani densi e corposi per un brivido lungo appena una quindicina di minuti, provocato dalle cadenze melmose di The Two Hour Horse Of The Year Show, The Slow Elastic, e The Rural Poorer e da quelle più “frizzanti” e spigolose di Hollywood Musical Theatre, Holyday Inns e Seven Dials For Several Villains. Verrete travolti da blues brutali e minacciosi trainati da bassi vulcanici che evocheranno lo spettro dei Fall e quello dei padri Country Teasers, da inserti “synthetici” a volte spettrali altre romanticamente melodici e ancora da ritmiche epilettiche, singhiozzanti e robotiche che affonderanno spesso le unghie in un lo-fi (post-)punk torbido e lercio. A voi le dovute considerazioni quindi esortandovi a darvi una mossa nel caso decidiate per il si, la prima tiratura in vinile giallo (beer) trasparente è stata stampata in sole 200 copie.
Salvatore Lobosco