HOMEBODY
"Skin And Let Live"
(Heretical Objects Cooperative / Ibexhouse, 2015)
È stato un 2015 ricco di soddisfazione per la IbexHouse, l’etichetta fondata da Alessandro Fiori, Silvia Facchetti e Lorenzo Maffucci. Proprio su Frastuoni, abbiamo approfondito diverse volte il discorso inerente alla proposta musicale della factory toscana, ma, dal momento che gli spunti sono infiniti e di alta qualità, è d’obbligo presentare questa nuova uscita. Si tratta di Skin And Let Live, primo disco firmato Homebody. Originari di Denver, Colorado, la band americana presenta al pubblico un sound inedito, un ibrido tra post-punk “di ricerca” e noise-pop “psichedelico”, sparato a tutto volume in questa suggestiva musicassetta. Un susseguirsi di sbalzi d’umore, che si insinuano nell’apparato uditivo, attraverso innumerevoli stravolgimenti musicali.
Si comincia con la tripletta Break In, Permanent Accompanist e Above The Fray, brani di pop distorto e distratto, camuffato in noise da una coltre di irriverenza sonora: impossibile restarne indifferenti. È la volta di Hollow Nest, brano che rimanda, con le dovute proporzioni, allo stile “R.E.M.”. Una serie di ritmi crescenti accompagnano l’ascoltatore alle cadenze ipnotiche di Alarm. Suggestiva quanto basta, da renderla pressoché indispensabile. La seguente Guilter Shrine è un fiume in piena. Il sound si fa decisamente più aggressivo e tagliente, rovesciando ogni logica ipotesi. Distressed, invece, è sicuramente una delle composizioni più interessanti. Sottili venature oscure, scandite da tenebrose linee di basso e da una voce profonda, rimandano, a tratti, alla dark wave più tradizionale. Ma con gli Homebody nulla è scontato, ed ecco affiorare eccentriche sfumature di quel “pop psichedelico” citato in apertura. Tocca poi a Shallow Breathing. Caratterizzata da un basso pronunciato come non mai, è forse il brano più coerente dell’intera produzione o, quanto meno, quello con meno stravolgimenti della trama. Il disco si chiude con la meravigliosa title-track, una Skin And Let Live sognante e provocatoria che, in una certa maniera, propone una rilettura, in chiave 2000, di due mondi apparentemente distanti, ma mai così vicini, come possono essere quelli in cui nascevano “il muro”, dopo, e i “fantastici quattro”, prima. Questo è Skin And Let Live, questi sono gli Homebody: acerbi, ma geniali. Fortemente consigliato!
Gerry D’Amato