ALESSANDRO RISTORI CON I SUOI PORTOFINOS
"Ibrido"
(Bumbum, 2013)
Tra la Romagna e il rock’n’roll, così potremmo sintetizzare, parafrasando il titolo di un album di gucciniana memoria, questo CD che rappresenta il debutto discografico di Alessandro Ristori Con I Suoi Portofinos. Pubblicato dalla Bumbum Dischi e distribuito dalla Edel, Ibrido, questo il titolo dell’album, si presenta in un curato ed elegante digipack con all’interno un supporto ad imitazione di un disco in vinile e dal contenuto sonoro inequivocabile. Ristori Con I Suoi Portofinos fanno rock’n’roll, che vi piaccia o meno, e lo fanno alla grande per un’ora circa e spensieratamente, dalla prima alla ventiduesima traccia. Da una rapida ricerca in internet apprendo che Ristori è un cavallo di razza ed un consumato entertainer, sebbene giovanissimo, e che il suo folto ciuffo fifteen e il suo amore per il rock’n’roll hanno già avuto modo di farsi apprezzare dal vivo, in giro non solo per l’Italia ma anche all’estero, in mezza Europa, da Montecarlo a San Pietroburgo alla Svizzera, oltre ad alcuni importanti passaggi televisivi su reti nazionali.
L’album si apre con due inediti assoluti, La Donna Uomo e Sentimento, se la prima gioca sull'”ibrida” sessualità del personaggio, su una base vagamente soul con tanto di sezione fiati, la seconda è un’ammiccante ed orecchiabile twist’n’pop. Poi, alla terza traccia, c’è un presentatore che ci introduce ad un intero concerto di Alessandro Ristori Con I Suoi Portofinos, registrato il 6 settembre 2011 al Paladeandrè di Ravenna. Seguono diciotto brani live, la loro dimensione migliore, tra cover di pezzi indimenticabili e brani propri e originali, si va da Ciao Ti Dirò a Il Tuo Bacio È Come Un Rock, da Volare a Rock Around The Clock, passando per High School Confidential e soprattutto per le sue nuove canzoni, l’elegante revival di Giorni D’Estate, l’ironica e frenetica Dovevo Fare Il DJ con piano e sax in gran spolvero e il rockabilly di Credi. Quello di Ristori Con I Suoi Portofinos non è né beat di “ritorno”, ultimamente en vogue e nemmeno new rockabilly, ma puro e semplice rock’n’roll dei tempi migliori, quelli che non tramontano mai, che strizza volentieri gli occhi al primo Celentano o al roccare selvaggio di Jerry Lee Lewis, ma anche ai crooner e agli urlatori di un’altra Italia, quella degli anni ’50, candidamente e cinematograficamente sospesa tra Cinecittà e l’inizio della “Dolce Vita”, quando Roma era la meta romantica di tutti gli innamorati del mondo. “It’s only rock’n’roll but I like it” cantavano gli Stones e Ristori ed il suo gruppo lo fanno al meglio, con mestiere e feeling da vendere.
Giuliano Manzo