FAST ANIMALS AND SLOW KIDS
"Hybris"
(Woodworm / To Lose La Track, 2013)
Terza e penultima (l’ultimo full-lenght Alaska è datato 2014) uscita discografica per i perugini Fast Animals And Slow Kids, viene dopo l’EP Questo È Un Cioccolatino e l’album Cavalli, prodotto da Andrea Appino (frontman dei toscani Zen Circus) datato 2011. L’impatto visivo con l’artwork del CD, molto ben curato, mi comunica a primo acchitto “sapore” di rock progressivo: un collage di immagini metaforiche mescolate in modo complessivamente surreale come estrinsecazione visuale di testi e tematiche racchiuse in questo disco. Sotto un cielo diurno annuvolato si staglia imperiosamente un sole troneggiante sul front cover e uno più calante dall’altro lato del digipack, mentre tutt’intorno prende spazio un insieme da “manifesto surrealista”; uno sfondo corredato da un esiguo nucleo urbano insieme a montagne frastagliate, rotaie di un treno, un rogo di formiche, due mattoncini della lego, un cappio pressoché sospeso nell’aria, un lago in cui versa acqua un bicchiere che sta andando in frantumi, una sgangherata e vetusta barca naufragata lasciata miseramente abbandonata a se stessa e addirittura un barattolo estrapolato dalla Campbell’s Soup di Andy Warhol, opera su tela realizzata nel 1962 dove le lattine della famosa zuppa raffigurate incarnavano in un certo senso la mitica “american way of life” dei sixties dove il cibo era visto come uno degli specchi dell’uguaglianza realizzata in una società che consente eque possibilità per tutti.
La parola “hybris” dal punto di vista letterario ci riporta all’antica Grecia; le colpe primordiali dell’eroe greco, identificate in tracotanza, dismisura, superbia e superamento del limite, nella impossibile sfida degli umani nei confronti degli Dei. I quattro ragazzi umbri, Aimone Romizi (chitarra, voce), Alessandro Guercini (chitarra), Alessio Mingoli (basso) e Jacopo Gigliotti (batteria), coadiuvati da “guests” come Nicola Manzan (Bologna Violenta, violini), Simon Chiappelli (tromboni), Nicola Cellai (trombe) e Davide Zolli (Mojomatics, percussioni), a distanza di due anni dal loro album d’esordio, in queste undici tracce ci “sbattono in faccia” in modo quasi sfrontato un cocktail sonoro di variegati, introspettivi stati d’animo, esplosivo a tratti ma nel suo insieme compatto, quasi monolitico nei propri “omogenei” brillanti saliscendi sonori come nella sua essenza concettuale vista come percorso di vita, Hybris, release più matura e articolata rispetto a Cavalli si rivolge a noi in modo schietto, diretto e impudente, narrandoci di morte, violenza, solitudine, ricordi, fratellanza, sogni incompiuti, episodio discografico che probabilmente risulta un po’ riduttivo inquadrare e categorizzare sotto “diciture” come alternative rock, indie o punk (da notare il quid conferito dagli ottimi inserti violinistici di Nicola “Bologna Violenta” Manzan e i fiati di Simon Chiappelli e Nicola Cellai) il cui sound è certamente contaminato da gruppi attuali di casa nostra come Teatro Degli Orrori o Ministri, strizzando anche l’occhio alla scena punk rock ottantiana made in USA e a band come Hüsker Dü o i Dead Kennedys di Jello Biafra, il tutto rielaborato con personalità in modo acuto, ispirato ed autorevole.
Disco di indubbio gradimento ed attenzione per gli appassionati del genere.
Luciano De Crescenzo