NOT A GOOD SIGN
"From A Distance"
(Fading / AltrOck, 2015)

Not A Good SignSecondo capitolo discografico, seguente l’album d’esordio dal titolo omonimo datato 2013 per i Not A Good Sign, band che ha preso vita quattro anni fa sotto l’egida dell’etichetta AltrOck di Marcello Marinone. Il nucleo dei nostri è infatti composto in prevalenza da artisti già attivi in altri gruppi sotto contratto con questa label. Un mix di cinque musicisti composto da Paolo “Ske” Botta (autore anche del sobrio ma curato e fascinoso artwork di copertina del compact), Francesco Zago (avvicendato dopo la realizzazione del disco da Gian Marco Trevisan) rispettivamente tastierista e chitarrista degli Yugen, meneghini dediti all’avantgarde-prog (il cosiddetto Rock In Opposition), mentre dei genovesi La Coscienza Di Zeno (combo senza dubbio di estrazione musicale maggiormente orientata verso il progressive rock sinfonico) fa parte il cantante Alessio Calandriello; ai sopra citati si sono uniti il bassista Alessandro Cassani e il giovane batterista sondriese Martino Malacrida. Da non tralasciare inoltre, quanto alla realizzazione di From A Distance abbiano dato man forte in qualità di “guests” anche il maestro Maurizio Fasoli, pianista degli Yugen, Eleonora Grampa, (corno inglese/oboe) e Jacopo Costa, (vibrafono/glockenspiel). Poco oltre 51 minuti si dispiegano in dieci tracce, nelle quali risalta il “tributo” a determinati sinfonismi progressive rock anni ’70, ma non solo.

I vocals suadenti ma incisivi di Calandriello (impeccabile in generale la sua performance), fanno da perfetto corollario al new prog ma con reminescenze Elp e genesisiane di Wait For Me, porta di accesso a From A Distance, seguito dalla malinconica e suggestiva Going Down dove spicca l’eccellente lavoro di “keys” da parte di Paolo Botta, terzo atto è Flying Over Cities, un epico e avvolgente crescendo sospeso tra ariose vibrazioni prog e atmosfere psych colme di synth. Un intro di oboe in Not Now ci introduce nei meandri di un pezzo orecchiabile, articolato e ricco di cambi di tempo, Aru Hi No Yoru Deshita è un seducente interludio che strizza l’occhio in modo evidente alla musica classica ed ecco il sinistro incedere di Pleasure Of Drowning dalla quale sgorga fuori copiosamente il seminale “fantasma” del Re Cremisi. Spazio allora agli oltre sette minuti di I Feel Like Snowing, fascinoso, malinconico, ispirato affresco sonoro di stampo progressivo, che dal terzo minuto in poi deflagra brillantemente in avvolgenti e struggenti metamorfosi sonore, i King Crimson riaffiorano ancora nella fascinosa e al contempo spettrale oscurità della strumentale Open Window, pezzo più lungo di questo disco che si congeda dal mio ascolto con i soffici melodismi progressivi sprigionati da The Diary I Never Wrote e i fugaci classicismi con intermezzo psichedelico che mi porge Farewell. Opera matura, equilibrata e pregna di personalità; consigliata a tutti gli amanti del rock progressivo.

Luciano De Crescenzo