ANUSEYE
"Essay On A Drunken Cloud"
(Vincebus Eruptum, 2014)
Secondo album per questa band barese dedita all’hard rock psichedelico e al blues. Essay On A Drunken Cloud è un cupo capovolgimento dalle atmosfere surreali. C’è molto in questi brani di gruppi e generi assai diversi tra loro, che vanno dagli Stooges ai Queens Of The Stone Age, dal garage-punk alla psichedelia.
La band è formata da Claudio Colaianni (chitarra e voce), Luca Stero (chitarra), Michele Valla (basso) e Antonello Carrante (batteria). In realtà ciò che colpisce è la variegata e caleidoscopica varietà di suoni che i quattro cercano di fondere in una sintesi che non sia solo sonora, ma come si può ben comprendere anche intellettiva; per poter così toccare le corde più profonde del nostro animo sulla base di una sinestesia sensoriale. In realtà la vena artistica che più mi sembra affine agli Anuseye è quella dei Tool, per quella disperazione che si riassume nei toni di una liricità fatta di ritmi serrati e calibrati. Così la voce di Claudio è spesso un richiamo a quell’ebbrezza così disarmante e atroce che si ritrova nei pezzi della band californiana. L’album contiene nove brani che sono in un rapporto di continua espansione percettiva, come anelli concentrici generati dal duro sasso del progressive metal gettato nello specchio d’acqua, irregolare, del noise. I brani Cursed Pills e Abyss sono un devastante olocausto sonoro, e, seguono delle tracce che si son succedute quasi a stento nel kaos creativo dei primi pezzi, che si compone di armonie disgreganti ed equilibri vorticosi. L’ultimo brano, Wrong Blues, fa da trait d’union fra le varie cadenze e accenti dell’album, che si compongono come già detto in un amalgama misteriosa e potente al tempo stesso.
Ottima prova dai risultati niente affatto scontati, che da a questa band la possibilità di continuare a metabolizzare tutto il vasto repertorio musicale d’oltreoceano, giungendo anche a formule del tutto innovative e originali, in un crescendo artistico del gruppo nostrano.
Domenico Romano