SANTO BARBARO
"Geografia Di Un Corpo"
(Dinotte, 2014)
I Santo Barbaro nascono nel 2007 come formazione di stampo folk sperimentale. Pieralberto Valli (voce, chitarra, piano, campioni), fondatore del gruppo, è accompagnato da Marco Frattini (batteria, percussioni), Francesco Tappi (basso, contrabbasso) e Giacomo Toni (pianoforte, chitarre). Il penultimo disco, Navi, è frutto della collaborazione di Valli e Franco Naddei. Al novembre del 2013 risale la decisione, di entrambi, di sciogliere la formazione, alla base della quale fondamentalmente il rifiuto di rientrare in studio dopo Navi (2012), disco curato e lavorato al massimo. Geografia Di Un Corpo è il loro ultimo disco, registrato in agosto da un gruppo di nove elementi (due chitarre, due bassi, due batterie, due percussioni e un synth). La geografia del corpo è uno spazio, potremmo dire una dimensione, che riguarda sé e la propria “morfologia” ma anche sé come forma rispetto agli altri. È anche lo spazio tra i singoli musicisti e il rapporto tra il loro essere determinato, storico e umano. Un luogo/tempo di confine che stabilisce i limiti e soprattutto ci definisce. In questo senso ogni parola, più che qualunque altra cosa, è dimensione perché definizione, come emerge nel brano La Necessità Di Un’isola (“Ricordo i sogni/Osservo i segni/E temo la parola”). Houellebecq ne “La Possibilità Di Un’isola” aveva giocato su un piano differente, qui la migrazione è avvenuta ed è definitiva. Stando alle parole di Valli, infatti, il disco è il frutto di un percorso musicale e letterario che da una parte ha portato a Geografia Di Un Corpo e dall’altra a un romanzo. Alla base ci sono riflessioni personali, ma anche uno spazio individuale ricavato da un periodo vissuto in Appennino. Ne consegue che alla base dei testi che pure tanto sono legati al corpo ci sia anche tanta terra (“Tutto solo quaggiù in miniera” in Zolfo).
Da un punto di vista musicale, i richiami più palesi sono ovviamente quelli alla scrittura di Lindo Ferretti, soprattutto nei CSI (“Romagna mia capitale”/”Non ho mai amato e me ne guardo bene”) nei testi e nel cantato ossessivo. Passando ai brani, il pezzo di apertura Lacrime Di Androide suona benissimo, con riferimenti ai Joy Division e chitarre brillanti. Ritmi nervosi e pieni, new wave e post punk con testi apocalittici. Tra le canzoni più riuscite anche Corpo Non Menti e Pavlov, splendide ballate evocative. Insomma – senza tediare – un bel disco, anche orecchiabile, probabilmente il migliore dei Santo Barbaro e il più ricco nel testo e nel suono. Ma anche un po’ troppo ambizioso rispetto all’esito. I riferimenti letterari e visivi sono alti (sì, in maniera palese Houellebecq e Lungin, ma anche testi classici e religiosi, vedi il brano Cosmonauti), ma il disco suona quasi come qualcosa di già troppo sentito.
Maria Zizza