DEEP PURPLE
“=1”
(earMUSIC, 2024)

Eccolo qui =1, l’ultimo album in studio dei Deep Purple uscito il 19 luglio. E siamo nel 2024. Ricordiamolo, il loro primo album è uscito nel 1968. I Deep Purple provengono dagli anni ’60, hanno trionfato nei ’70, si sono ritrovati negli ’80, nei ’90 sono caduti e si sono rialzati, nei ’00, nei ’10 e nei ’20 non si sono mai fermati. Tutti quelli che sentenziavano che questa band non era all’altezza, che viveva di sola Smoke On The Water, che senza certi membri fondamentali non significava più nulla, che potevano solo fare dischi tutti uguali, beh, possono tranquillamente andare a mettersi di faccia nel cestino della spazzatura. I Deep Purple, a quasi ottant’anni medi di età, sono una band che si rimette in gioco, che pubblica materiale inedito di livello e che gira il mondo in tournée. Esistono tre modi per approcciarsi al mondo musicale dei Deep Purple. Quello dei detrattori a prescindere (ma vedo piacevolmente che si sono estinti naturalmente), quello di chi ottusamente è fermo al 1972 paragonando qualunque cosa la band faccia a quel periodo glorioso ma lontano, e infine quello di chi ha capito che Deep Purple è un’ idea di musica molto più ampia del riff di Smoke On The Water. Sorrido quando leggo che =1 sarebbe “finalmente un disco alla Deep Purple”.

Amici cari: dischi alla Deep Purple lo erano anche i primi tre, quando una giovane band giocava con la psichedelia e con i primi innesti di musica classica. Lo erano ovviamente quelli gloriosi dei primi anni ’70, quando, oltre ai riff su cui certe persone si sono mentalmente bloccate, la band continuava ad essere “progressiva” nell’approccio, definendo, come nessun altro, un genere come l’hard rock. La musica classica, il blues, l’improvvisazione solista di derivazione jazz, i primi innesti funky. Sì, erano dischi alla Deep Purple anche quelli del Mark 3, quelli in cui la componente funky emergeva con prepotenza. Ma ricordiamolo, le prime cose funky erano già comparse nel 1971 proprio ad opera di quel Ritchie Blackmore che tutti gli appassionati superficiali indicano come quello che il funky lo odiava. Certo, Ritchie andò via perché quella componente era diventata preponderante ma era stato proprio lui a suggerirla. Poi abbiamo avuto le carriere soliste dei singoli membri che ci hanno regalato ulteriori paradisi musicali dove i generi più disparati hanno continuato a fondersi con quella certa idea di rock che è l’essenza dei Deep Purple. Poi la Réunion, Blackmore che se ne va per sempre. Ma grazie a Steve Morse abbiamo assistito a uno dei casi di longevità artistica più incredibili di tutta la storia del rock.

Ed eccoci nel 2024. I Deep Purple di oggi sono un dono dall’alto, una band capace ancora di rinnovarsi. Ian Gillan è un cantante maturo, una voce inimitabile: qualcuno ha provato ad imitarne gli acuti incredibili di cui ora si lamenta l’assenza ma nessuno ha mai saputo imitarne la profondità, il feeling, la pienezza espressiva, qualità che, nel nuovo lavoro, emergono ancora. Roger Glover e Ian Paice, una delle sezioni ritmiche più solide della storia del rock, sono ancora qui con la loro energia, con la loro precisione e con il loro approccio. Don Airey ormai da decenni è il musicista che ha sostituito l’indimenticato Jon Lord e il suo lavoro è ancora una volta impeccabile. E infine il “giovane” Simon McBride, l’uomo che porta sulle spalle il peso di dover essere paragonato non solo all’eterno Blackmore ma anche a Morse, che giustamente nel frattempo è diventato un nuovo idolo. Simon McBride è un chitarrista fluido, piacevolmente rock, blues nell’approccio e se già si era ammirato, in sede live, nell’interpretazione dei vecchi brani ora, nei nuovi pezzi, splende con grazia e convinzione.

Sono 13 le tracce del nuovo disco. Il livello medio è alto, difficile scegliere qualche brano che sia meglio degli altri. Chi ha sempre seguito e amato i Deep Purple non può non sentirsi ammaliato da questo nuovo capitolo fatto di musicalità piena, di armonia fra i vari strumenti, di fluida creatività dove potenza e melodia si intrecciano in un carosello di suoni avvolgenti e seducenti. Dietro la cabina di regia vediamo ancora quella vecchia volpe rock di Bob Ezrin, il che garantisce un’ulteriore rassicurazione per un certo senso di continuità. I Deep Purple hanno dimostrato, con i fatti concreti, che si può invecchiare con dignità restando più rock nello spirito e nell’attitudine di chi cerca di esserlo forzatamente per apparire trasgressivo. Godetevi pure tutti i nuovi idoli della scena musicale. Chi riempie gli stadi e chi occupa le pagine dei giornali sensazionalistici per motivi spesso extramusicali. Chi muove il Pil di intere nazioni. Chi è sulla bocca di tutti. Al mondo c’è spazio per tutti e ci piace augurare solo il bene. Ma augurare a qualche idolo di oggi di ritrovarsi fra cinquant’anni a far commuovere e a far parlare di sé, come stiamo facendo oggi con i Deep Purple targati 2024, è pura utopia. Grazie Deep Purple, per aver reso la mia vita più bella, come quella di tante altre persone. A questo disco non posso che dare 10. 10 alla musica, alla carriera, alla tenacia, all’amore assoluto che tutto questo genera nel cuore.

Silvio Ricci

 

Tracklist:

  1. Show Me
  2. A Bit On The Side
  3. Sharp Shooter
  4. Portable Door
  5. Old-Fangled Thing
  6. If I Were You
  7. Pictures Of You
  8. I’m Saying Nothin’
  9. Lazy Sod
  10. Now You’re Talkin’
  11. No Money To Burn
  12. I’ll Catch You
  13. Bleeding Obvious

 

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