UNDERWORLD
“Beaucoup Fish”
(Junior Boy’s Own, 1999)
Uno degli eventi più attesi dell’anno 2024 è l’esibizione live degli Underworld insieme ai francesi Air al VIVA! Festival (Valle D’Itria International Music Festival) che si terrà in Puglia a Locorotondo dall’1 al 4 agosto. Si tratta dell’unica data nazionale per la band culto dell’elettronica anni ’90. Noi di Frastuoni non potevamo esimerci, per questo importante ritorno, dal ripescare l’ultimo album in studio della band britannica. Beaucoup Fish è suo il quinto disco, uscito nel 1999 proprio allo scoccare del terzo millennio. Gli Underworld più di tutti hanno cambiato il concetto di “club culture” nell’ultimo decennio del secolo scorso e hanno segnato profondamente lo sviluppo delle moderne sonorità “dance” elettroniche. I membri del gruppo synth-pop Freur, Karl Hyde e Rick Smith, adottarono a braccia aperte, già nella prima metà degli anni ’90, il giovane DJ londinese Darren Emerson, dando vigore al progetto fin da subito.
L’Inghilterra, scossa dal fenomeno rave, era, negli anni ’90, in grande fermento, ma i tre electroboys iniziano a far parlare di sé solo due anni dopo con gli l’album Equot, Dubnobass With My Efa Man e Second Toughest In The Infants, due produzioni eccezionali, che li proiettano nella scena techno più underground. L’epica Born Slippy, contenuta nella colonna sonora del film cult “Trainspotting”, ha ulteriormente consolidato la loro reputazione e rimane la loro traccia più conosciuta e ballabile. Ma il meglio doveva ancora arrivare: bastava infatti aspettare il 1998 e la comparsa dell’album Beaucoup Fish, riconosciuto all’unanimità come il loro capolavoro, per ascoltare i brani più riusciti; una vera bibbia per i raver di oggi, un album emozionante che sorprende ancora oggi ad ogni ascolto.
Ben 11 pezzi e Beaucoup Fish degli Underworld ridefinisce ulteriormente il loro sound creando un monolite di 74 minuti di buona musica, dove techno, hardcore e trance si fondono in un entità preziosa e sfaccettata. Sonorità quasi cosmiche catapultate in un dancefloor fumoso tra le atmosfere più ballabili con tanto di tastiere acide “Made in London”. Il brano seguente, Push Upstairs, accende le casse, lo scarno loop di pianoforte con la voce lisergica e distante di Karl Hyde vanno di pari passo fino a sfociare nella più ossessiva acid tech-house. Applausi per i suoni morbidi e atmosferici della meravigliosa Jumbo, con synth grassi e corposi: portano quasi l’ascoltatore a volare sopra la metropoli dalle mille luci notturne, ma la trance-hard core di Shudder/King Of Snake è proprio dietro l’angolo, pronta a sconvolgere e proiettarsi lentamente. Chiudono la ballata malinconica Skym: si potrebbe menzionare ogni piccolo urto del piatto, ogni sibilo impercettibile; A Hundred Days Off, piegato verso il funk, corre attraverso Push Downstairs e la bellezza di Something Like A Mama, con i suoi ritmi sincopati, i ritmi folli di Kittens e l’ultimo Moaner, manifesto di una tribù che balla e non intende fermarsi.
La band ha finalmente centrato l’obiettivo e ha salutato il XX secolo con un album di un’intensità unica, con l’intensità di A Hundred Days Off; non riuscendo a ripeterlo del tutto, sancendo invece l’inizio del declino di un gruppo inglese ridotto a due in seguito all’addio di Darren Emerson. Ma Beaucoup Fish rimane lì intatto, meraviglioso manifesto di una generazione che potrebbe non esistere più, e sintesi perfetta di un decennio di elettronica che molti stanno cercando di dimenticare. Incomparabile.
Mark Frastuoni & Marco MauSS Cozza
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