MICK HARVEY
“Five Ways To Say Goodbye”
(Mute Records, 2024)

Polistrumentista e fra le più importanti figure del panorama post-punk provenienti dall’emisfero australe, Mick Harvey, a cui va dato merito per il germogliare dei Bad Seeds a fianco di Nick Cave dopo le esperienze con The Boys Next Door, The Birthday Party e Crime And The City Solution, nel 1995 ha avviato una lunga carriera solista arricchita da diverse collaborazioni, produzioni e stesure di colonne sonore per il cinema, lontano dai riflettori e da quanto fatto in passato con uno stile ostico, un acre noir dagli umori blues. Il nuovo disco Five Ways To Say Goodbye è un lavoro introspettivo, cantautorale e dal coerente schema strumentale (voce/chitarra/piano/sezione d’archi), simile a certe cose di Mark Kozelek, dell’ultimo Gabriel o di certe band slowcore presenti nel catalogo 4AD.

È composto da 12 momenti, con pochi brani a propria firma (At Heaven’s Gate, The Art Of Darkness, When We Were Beautiful And Young), diversi tributi come in We Had An Island (Bryan Adams), Demolition e Ghost Ship (The Saints), Setting You Free (David McComb), Dirtnap Stories (Lee Hazwlwood), A Suitcase In Berlin (Marlene Dietrich), Nashville High (Loene Carmen), Like A Hurricane (Neil Young) – queste ultime presenti in scaletta nell’edizione compact disc – ed una struggente interpretazione di Alone With The Stars, canzone scritta da un manipolo di compositori italiani (gli Ofeliadorme di Bologna) ed Howie B. Recupero, non semplici cover poiché interpretate con dedizione e personalizzazione, di un repertorio caro ad Harvey. Insomma Five Ways To Say Goodbye non aggiunge né toglie nulla alla discografia dell’artista ma non mancherà di farsi apprezzare dai sostenitori o più semplicemente da ascoltatori con il palato fine.

Luca Sponzilli

 

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