PAUL WELLER
“66”
(Polydor, 2024)

Chiariamo subito, a scanso di delusioni e/o eventuali trepidanti aspettative da parte di nostalgici o vecchi mod fans del 66enne modfather Paul Weller (compleanno e titolo del disco coincidono intenzionalmente) di Sheerwater, Woking/Surrey: anche in 66, 17esimo suo lavoro in studio, sono quasi del tutto latitanti tracce di schitarrate e di ectoplasmi musicali di vecchie incarnazioni (Jam, Style Council). Non dovrebbe rappresentare una sorpresa, visto la progressiva rarefazione rock e blue-eyed soul degli ultimi lavori solisti di Weller a favore di un songwriting essenziale e radio-friendly (ma sempre di alto livello qualitativo) e di produzioni sofisticate.

I 12 brani di 66 sono la splendida conferma di questo inarrestabile processo di maturazione senile, aggettivo da intendersi, in questo caso, nella sua accezione decisamente più positiva. Semplicità (Flying Fish) ed elegante ispirazione (Nothing) sono il cuore di una serie di seducenti ballate – il format predominante del disco – lente, mid tempo e a tempo di valzer: Ship Of Fools, My Best Friend’s Coat, I Woke Up, In Full Flight incantano senza riserve i sensi e narrano di un artista che continua a stupire per la sua straripante e costante creatività a 32 anni dal suo omonimo debutto solista del 1992.

Poche e pallide sonorità chitarristiche, dicevamo, soprattutto acustiche, slide, lap steel, diluite sapientemente in un impianto strumentale estremamente sofisticato e delicato che privilegia gli archi avvolgenti, della Britten Sinfonia Orchestra, arrangiati e diretti dalla britannica Hannah Peel, cantante, songwriter, multistrumentista, compositrice e direttrice d’orchestra, che torna a collaborare con Weller (Rise Up Singing, I Woke Up, My Best Friend’s Coat etc…), i fiati corroboranti, i flauti, i sax di Jacko Peake, il chiaroscurale vibrafono di Max Beesley, le tastiere (piano, celesta, organ, mellotron) suonate da un sorprendente eclettico Weller polistrumentista, i synthesizer e gli electronics di Le SuperHomard e Charles Rees.

66, una sorta di Pet Sounds e/o Sgt. Pepper welleriano per la sua generale stupefacente ricchezza melodica e armonica, immortala definitivamente Weller nell’olimpo degli artisti senza tempo, quello dei David Bowie, dei Robert Wyatt, dei Brian Wilson/Beach Boys, dei Burt Bacharach, dei Pink Floyd: forse, non a caso, dei mood espressivi di questi giganti gli ascoltatori più smaliziati potranno trovare tracce più o meno nitide in brani splendidi come Nothing, Sleepy Hollow, A Glimpse Of You, Burn Out. Paul spinge il piede sull’acceleratore e riesuma alla grande il suo vecchio mod soul in un paio di casi, Soul Wandering (con ospite Bobby Gillespie) e Jumble Queen, gonfia dei fiati di Peake e di robusti backing vocals, scritta in collaborazione con Noel Gallagher.

Altri ospiti del disco Suggs, cantante dei Madness, in Ship Of Fools, Erland Cooper, con i suoi arrangiamenti orchestrali, e il duo White Label come co-compositori. A testimonianza della fertilità creativa del nostro la deluxe edition di 66 contiene altri 4 brani: Wheel Of Fortune, In A Silent World, Now Is Here, Gotta Get On. Sigillo dell’emblematica importanza di 66, la sua copertina stilizzata realizzata da Peter Thomas Blake, notissimo artista pop inglese 92enne ricordato anche per aver realizzato, nel 1967, la copertina dell’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles. Blake aveva già realizzato per Weller, nel 1995, la bellissima cover del suo album Stanley Road e per gli Who quella del loro ultimo omonimo lavoro in studio del 2019.

Pasquale Boffoli

Tracklist:

  1. Ship Of Fools
  2. Flying Fish
  3. Jumble Queen
  4. Nothing
  5. My Best Friend’s Coat
  6. Rise Up Singing
  7. I Woke Up
  8. A Glimpse Of You
  9. Sleepy Hollow
  10. In Full Flight
  11. Soul Wandering
  12. Burn Out

 

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