THE BLACK CROWES
“Happiness Bastards”
(Silver Arrow, 2024)
I Black Crowes sono ritornati, o meglio sono ritornate le ceneri di quel che era il gruppo negli anni ’90, con i fratelli Chris e Rich Robinson unici eredi della band. Evaporati gli altri musicisti che facevano parte del gruppo e che non erano certo dei comprimari, a partire da Steve Gorman alla batteria co-fondatore del gruppo, dalla prima chitarra di Jeff Cease, seguito nel secondo disco dal manico più blues di Marc Ford, il basso di Johnny Colt, e il canadese Eddie “Harsch” Hawriysh all’organo come sesto elemento. Una band completamente decimata che si ripresenta a 15 anni di distanza dall’ultimo lavoro del 2009 Before The Frost … Until The Freeze con un nuovo disco, pronti a incassare gloria e denari con un tour imminente. Certo la storia della band ha visto nel tempo numerosi cambi di formazione, litigi continui tra i fratelli Robinson, problemi con sponsor e tour abbandonati, dipendenze da droghe, battaglie legali, odio reciproco, egoismi e ingordigia economica, ma anche collaborazioni importanti tra cui spicca il disco stratosferico con Jimmy Page, quel Live At The Greek del 1999, che nel relativo tour in giro per il mondo, vedrà proprio l’abbandono di Page e la chiusura anticipata dei live per problemi con il chitarrista Rich Robinson, reo di aver rifiutato con un secco “no grazie”, una proposta di collaborazione alla scrittura di nuove canzoni, con il mito dei Led Zeppelin, che tornerà in fretta e furia a casa. Questo per dire quanto fosse lanciata la carriera dei Black Crowes, ma anche di quanto “ego” svolazzasse nell’aria: una questione, questa del tour annullato con Page, che a molti fan non è mai andata giù. La biografia del batterista Steve Gorman, uscita nel 2019 “Hard To Handle The Life And Death Of The Black Crowes”, un memoriale di 368 pagine scritto con il giornalista Steven Hyden, presenta, dal suo punto di vista, una band tutt’altro che “mitica”, così siamo riusciti a farci un’idea un po’ più chiara di quello che erano i Black Crowes negli anni ’90, fino al 2014, anno dell’implosione della band.
C’è da sottolineare che nel disco d’esordio Shake Your Money Makers e nel più maturo The Southern Harmony Companion, appariva, come tecnico, ingegnere del suono e musicista aggiunto in studio, quel Brendan O’Brien che farà poi da produttore a band che hanno segnato un’epoca come Stone Temple Pilots e Pearl Jam, solo per citare un paio di nomi di una lista chilometrica di collaborazioni con i migliori artisti del tempo. Tutti abbiamo gridato al miracolo, in quegli anni in cui il fenomeno musicale del grunge la faceva da padrone, sembrava quasi incredibile e anacronistica l’ascesa e la fama di questo gruppo di Atlanta che riproponeva un hard rock d’annata, ruspante e molto energico, a chitarre spianate che ci piaceva un sacco. E in concerto riproponevano gli stilemi dei vecchi gruppi seventies con tanto di tappeti orientali sul palco, incensi, bandiere sudiste e inneggiamenti al sud: Chris a Milano si presentò con una t-shirt con una scritta gigante, “Southern”, tanto per dissipare ogni dubbio sulle loro origini e intenzioni sonore. Nei dischi a venire hanno saputo ridefinire e ampliare le loro influenze musicali diventando un vero e proprio monumento della musica americana dei nostri tempi. Non sappiamo dire che cosa rimane oggi di quell’esperienza andando ad ascoltare il loro nuovo lavoro, una sorta di déjà-ecoutez, che si rifà al più conosciuto fenomeno del déjà-vu, uno scherzo della mente, della memoria a lungo termine, che scompiglia i ricordi e ci fa apparire un “qualcosa” nel presente come se lo avessimo già visto, già percepito o sentito nel passato.
Happiness Bastards, il nuovo disco, è uscito il 15 marzo 2024 per la Silver Arrow Records e prodotto dal geniale Jay Joyce, preceduto da due singoli: il primo, l’energico e pluri-gettonato nelle radio americane Wanting And Waiting, uscito il 12 gennaio 2024 e un secondo, più ruvido e stradaiolo Cross Your Fingers. Con questo Happiness Bastards, decimo album in studio in cui celebrano i 40 anni dalla nascita dei Black Crowes, i fratelli Robinson non aggiungono niente di nuovo rispetto ai gloriosi dischi del passato, niente di entusiasmante o che ci faccia venire la pelle d’oca, come era successo invece con almeno i precedenti primi quattro long playing. Certo, quando si muovono i Black Crowes o quel che ne resta, si muove un carrozzone in grado di spostare milioni di dollari e centinaia di migliaia di persone ai loro concerti, una questione di non poco conto se guardiamo solo all’aspetto economico. Abbiamo amato troppo i Black Crowes nel passato, per cui è difficile mantenere una linea obiettiva di giudizio quando dobbiamo parlare di un lavoro come Happiness Bastards. Nonostante tutto non è possibile non apprezzare brani come Rats And Clowns, Wilted Rose con la collaborazione di Lainey Wilson, superstar americana del country nominata ai Grammy, Dirty Cold Sun dove ci provano a trovare l’energia pura di un tempo e la corrosiva Follow The Moon. I fratelli Robinson sono tornati con un nuovo disco, bene, pace fatta allora, almeno fino alla prossima sfuriata. Imperdibili nell’unica data italiana del loro tour, il 27 maggio al Teatro Arcimboldi di Milano.
Ecco la scaletta completa del disco: Bedside Manners – Rats And Clowns – Cross Your Fingers – Wanting And Waiting – Roses (Feat. Lainey Wilson) – Dirty Cold Sun – Bleed It Dry – Flesh Wound – Follow The Moon – Kindred Friend
Andrea Masiero
Ci sono molte ragioni per essere scettici quando una band un tempo importante si riunisce decenni dopo il suo picco artistico. Hanno bisogno di guadagni facili o solamente di malinconica attenzione? Happiness Bastards, il primo album di nuovo materiale in 15 anni per i Black Crowes, non sembra né un viaggio nostalgico né una corsa ai soldi facili. L’ultimo loro album, Before The Frost … Until The Freeze, del 2009, era stato registrato nel fienile di Levon Helm a Woodstock (New York) e aveva un suono d’epoca decisamente rustico. I Corvi questa volta hanno lavorato con il produttore Jay Joyce, che ha un mood nel dare alla musica classica un’immediatezza dell’era digitale. Happiness Bastards è una rispettabile raccolta di rocker blues che mette in mostra i punti di forza dei due fratelli. Rich Robinson ha sempre avuto un suono distintivo alla chitarra, mentre il carisma di Chris Robinson come frontman rimane immutato. Chris ha sempre affermato che l’unico momento in cui essi non litigano è quando scrivono canzoni insieme e quella scintilla creativa condivisa è ancora evidente quasi tre decenni e mezzo dopo che la band di Atlanta iniziò la sua avventura con l’esplosivo Shake Your Money Maker, il loro debutto del 1990. Questo è un disco che suona divertente, energico e inconfondibilmente non scontroso anche se i riferimenti a cui si appoggia sono tutti vecchi di circa mezzo secolo. I suoi tempi sono rapidi, le chitarre sono brillanti e forti e tutto sembra un po’ frenetico, come se i fratelli Robinson volessero andare il più velocemente possibile ora che hanno ritrovato l’armonia.
Con la sua chitarra slide, il piano boogie e il ritmo martellante, l’apertura di Bedside Manners è un tir che viaggia tra Faces e Aerosmith. Il riff scoppiettante della corale Rats And Clowns e il singolo apripista Wanting And Waiting sono classici rock’n’roll con un grintoso spirito glam. Se Dirty Cold Sun è una rissa di chitarra funky con Chris che evoca la sfacciataggine di Mick Jagger periodo Let It Bleed, Bleed It Dry è un grande shuffle blues alimentato da un pianoforte honky tonk e da un’armonica sdolcinata. Flesh Wound trova una via di mezzo allettante tra Rod Stewart e i Cheap Trick e Cross Your Fingers si rivela come una delle tracce più efficaci del lotto, grazie all’onda scaturita dalla chitarra di Rich e al magro urlo di Chris che sulla strofa si apre in un ritornello cantilenante sostenuto da un organo e da un coro gospel. Wilted Rose è una ballata prevalentemente acustica impreziosita dalla stella country Lainey Wilson pregna di sfumature gospel che sale con un cambio di ritmo alla grandiosità dei Led Zeppelin mentre la chiusura perfetta di Kindred Friend riporta l’aroma di quelle ballate incastonate perfettamente tra Neil Young e Allman Brothers Band con cui è una vera delizia cullarsi.
L’unico aspetto che forse latita in Happiness Bastards, a parte gli storici musicisti di cui i Robinson hanno deciso di fare a meno ad esclusione del bassista Sven Pipien, è quel senso di atmosfera che ha sempre avvolto i loro pezzi classici. La band è decisamente convincente nel suo sound rock blues ad alto numero di ottani presente in queste 10 tracce, ma i Black Crowes hanno sempre dato il meglio di sé quando le canzoni avevano un po’ più di respiro. Aldilà di ogni personale considerazione, è gratificante vedere come Chris e Rich Robinson abbiano ritrovato la retta via per questa inaspettata e fruttuosa collaborazione creativa. Happiness Bastards è un lavoro che alla fine funziona e soddisfa perché i Robinson hanno nuovamente rianimato il passato o, semplicemente lo hanno rimesso in scena. E ciò che conta è che sono tornati insieme per il loro primo album dopo 15 anni, ricordando a tutti che continuano a suonare con ritrovata energia e giusta attitudine.
Marco Galvagni
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