DONATO EPIRO
"Fiume Nero"
(Black Moss, 2014)
Tarantino, qualche anno più dei trenta che rendono credibile la ricchezza delle proprie influenze come punto d’approdo più che come scintilla incontrollata, Donato Epiro propone con Fiume nero un viaggio in sonorità elettroniche scure e magmatiche, misteriose ma mai sinistre, evocative senza risultare di maniera. A volte, come succede per un certo tipo di musica, più vicina a tematiche ambient che alla forma canzone, sono più frequenti i tratti affascinati da un costrutto d’insieme organizzato e lineare, ma in fondo è quello che cerca chi si avvicina a determinati lavori, di cui Fiume Nero fa parte di diritto. Allora è piacevole nella bella orgia di tribalismi della title track, scura e remota, così come nella moltitudine di pattern elettronici di varie derivazioni che accompagnano i drones di La Vita Acquatica. Confesso qualche momento di stanca nella parte centrale del disco, mentre il livello si rialza in Estuario, ricca di variazioni e ritmi, percezioni diffuse di climi e colori, suoni di mille provenienze e paesaggi suggestivi di terre lontane e riti pagani. Si chiude con Un Globo Rosso Rotondo, bella danza scandita da percussioni ancestrali, fiati ed organi di raro mistero. A chi consigliare l’ascolto? A chi ama l’ambient, a chi attribuisce all’atmosfera il compito di giganteggiare sulle parole non dette e sulle note non scritte. Lo consiglio a chi preferisce immaginare un racconto leggendone il titolo piuttosto che ascoltare una storia.
Luigi D’Acunto