FABIO FABOR
"Pape Satan"
(Hard, 1980 – Plastica Marella, 2014)
C’era nell’aria qualcosa di strano in Italia durante gli anni ’70! Anni fantasticamente eccentrici e allo stesso tempo inquietanti: libertà, trasgressione, eccessi, emancipazione sessuale, stile kitsch, TV a colori, ma anche violenta lotta politica, terrorismo, strategia della tensione, servizi deviati, logge massoniche, misteri vaticani, P38, eroina. Un particolare clima che influenzò inevitabilmente l’arte, il cinema, la letteratura, la televisione e logicamente anche la musica. Interessante fu il rapporto fra musica e televisione (RAI) che generò delle strane creature sonore dalle fisionomie cangianti e multiformi, in cui musica pop, lounge, funk, jazz, avanguardia ed elettronica si fondevano tra loro mostrando uno dei volti più stravaganti ma anche “malati” di library music al mondo. La library music o musica per sonorizzazioni a differenza delle colonne sonore per il cinema che vengono composte appositamente per uno specifico film, viene incisa in anticipo e archiviata da etichette specializzate in base a temi o atmosfere per essere solo poi scelta e utilizzata dai programmisti a commento sonoro di notiziari, documentari, sceneggiati, film televisivi, sigle di programmi, ecc. Ne fu prodotta tantissima in quegli anni, buona parte della quale ancora sepolta e sconosciuta e con essa “giocarono” anche compositori del calibro e della fama di Ennio Morricone, Piero Umiliani e Bruno Nicolai, ma anche personaggi meno noti alle masse ma dal grande curriculum musicale come Egisto Macchi, Alessandro Alessandroni e Daniela Casa.
Fra questi un’insospettabile e stimato compositore, autore di opere liriche e sinfoniche, musiche per radio e televisione e di circa 500 canzoni, il maestro Fabio Borgazzi (1920-2011) in arte Fabio Fabor realizzò su etichetta Hard (datazione incerta, forse 1978), spinto anche da una certa passione per l’escatologia dantesca e la metafisica, il disco più “infernale” e di culto, della library music nazionale: Pape Satan, titolo tratto dal più controverso e criptico verso della divina commedia “Pape Satàn, pape satàn allepe” (if VII 1). Fabio Fabor in questa che può essere considerata la sua opera più personale, evidenzia un sapiente uso di tecniche di registrazione e di conoscenze elettroacustiche, assemblando in maniera davvero efficace e suggestiva il suono di vari strumenti, sintetizzatori, percussioni e inserti concreti con una particolare attenzione alle timbriche. Il risultato finale in molte sue parti è attualissimo, basti pensare al recupero odierno di certe musiche o atmosfere “sinistre” da parte di gruppi come Demdike Stare o etichette come la Ghost Box o della nostrana scena italian occult psychedelia. Recentemente la Plastica Marella, label molto attenta a questo tipo di suoni, ha ristampato in vinile (300 copie) Pape Satan, riattivando il culto di questo potente “grimorio” di dantesque-electronic-psychedelia nei sotterranei circoli di “musica oscura”.
Danilo D’Alessio