HANK WOOD AND THE HAMMERHEADS
"Go Home!"
(Toxic State, 2012)
Devastante quintetto (voce, chitarra, basso, batteria, tastiere) newyorchese questi Hank Wood And The Hammerheads giunto, nel 2012, al debutto sulla lunga distanza su Toxic State, dopo due singoli nei formati 7” e cassetta usciti rispettivamente nel 2011 e nel 2012. La band è conosciuta nei sotterranei musicali della grande mela per la ferocia e la violenza dei suoi show (da qualche parte ho letto che uno dei membri tempo addietro ha addirittura sgozzato un pollo sul palco), aspetto decisamente intuibile dalla natura spietata dei brani che compongono Go Home!. L’album presenta un packaging molto spartano con note di copertina praticamente ridotte all’osso omettenti addirittura il nome dei propri attori (che siano in cinque ho dovuto letteralmente contarlo in un loro show strappato alla rete), nonostante sia corredato di inserto (fotocopiato) con testi e di un poster.
Siamo alle prese con un hardcore lancinante, a tratti noise, che con ripetuti ascolti gradualmente si stempera dando più voce alle incursioni dei synth quasi onnipresenti per un delirio dai gradevoli sentori “vintage”. Il disco riscalda i muscoli con un uno due iniziale, la deragliante e velenosa It’s Murder e la minacciosa Trouble, per poi entrare nel cuore, a mezzo “arcaiche” stramberie elettroniche, con una tripletta di vintage-beat sintetizzati vuoi “synth-core” in It’s Hard On The Street, vuoi “garage-core” in Don’t Look At Me, vuoi “dark-core” in Don’t You Walk Away From Me. Il dialogo tra urgenze ritmiche, voci esasperate e synth squillanti si fa più centrato e “melodico” nel secondo lato dove una I Don’t Play Games, introdotta da un sample tratto dal film Ghostbusters II, una Bad Things ed una Snide … Petty … Fools dai celati tocchi rockabilly nonchè una dirompente My House, mettono a segno un crescendo di pura adrenalina che solo nella conclusiva e melmosa I Don’t See Nothin abbassa un po’ i toni e ci riporta con i piedi per terra.
Superato il primo assaggio, per il quale è consigliabile munirsi di solidi paracolpi, Go Home! ascolto dopo ascolto mette in mostra tutte le sue finezze, la caratura dei suoi arrangiamenti e le attraenti trame melodiche, praticamente nascoste dietro una valanga di irruenza, proiettandoci con ogni probabilità verso il nuovo volto che avrà l’hardcore nel secolo appena iniziato.
Salvatore Lobosco