PJ HARVEY
“I Inside The Old Year Dying”
(Partisan Records, 2023)

I Inside The Old Year Dying, l’ultimo album di PJ Harvey, uscito il 7 luglio 2023, sembra emergere dalla brughiera. E dai ricordi. Più che ricordi, forse, sensazioni. Di vita, di arte, di poesia. Se penso a PJ Harvey, il primo aggettivo che mi viene in mente è, elegante. L’eleganza è uno status, un mood, un modo di essere che trascende il look, la musica e quello che dici. È il come, lo dici. Questo suo ultimo disco, di interpretazione non facile, e proprio per questo ancora più indiscutibilmente raffinato, conferma la mia impressione.

Arriva dopo la raccolta di versi Orlam, il suo romanzo – poema disturbante e magnetico, per certi versi autobiografico visto che la bimba protagonista vive nel Dorset, posto di origine della stessa Harvey, che affascina e intimorisce allo stesso tempo. In I Inside The Old Year Dying la Harvey riprende molti di quegli stessi termini arcaici nei versi e ci costruisce sopra melodie di ascolto aspro, enigmatico, intervallato – come nei migliori racconti di fantasmi classici – da suoni fantasmagorici e oscuri. Un lavoro della maturità – arrivato ai 53 anni dell’autrice – che più che di crescita sa di rinascita. La denuncia sociale, il mettere in versi e musica temi di attualità, come aveva fatto nel lavoro precedente The Hope Six Demolition Project, è un ricordo lontano. PJ anzi, chiude a doppia mandata la porta su mondo reale per immergersi – e noi con lei – in un mondo sospeso, un’atmosfera onirica dove tutto sembra quello che non è, perché niente è come dovrebbe essere. D’altro canto, questo album, il decimo per l’artista, arriva dopo 7 anni di silenzio – assenso. Silenzio dalle classifiche, ma non dalla sua prolifera vena artistica. E la espone tutta.

Un racconto ipnotico che, senza farsi impietosire né prendere per mano, trasporta l’ascoltatore tra brughiere scarne e dimenticate, avvolge in contrasti disturbanti e difficili da comprendere e che nemmeno lo richiedono. Un lavoro quasi elegiaco, come i poeti da cui prende ispirazione, suggestioni che arrivano da Shakespeare e Keats. Un mondo color seppia, dove l’aria si fa rarefatta e i fantasmi del passato – o di un presente non ben definito – ti sfiorano le spalle. Un incanto vittoriano, da cui lasciarsi avvolgere e trasportare.

Ida Papandrea

 

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