SPARKLEHORSE
“Bird Machine”
(Anti Records, 2023)
Quando la famiglia di Mark Linkous degli Sparklehorse ha scoperto il suo quinto album incompleto nell’archivio delle registrazioni lasciate dopo la sua tragica morte nel 2010, dovette prendere una decisione assai difficile: lasciarlo nello scrigno dei ricordi perduti o portarlo alla luce? Fortunatamente e saggiamente, alla fine, suo fratello minore Matt Linkous e la compagna Melissa Moore hanno optato per la scelta di completarlo coinvolgendo il produttore Alan Weatherhead e offrendo così l’inaspettata e miracolosa opportunità di pubblicarlo.
Bird Machine, pubblicato l’8 settembre 2023, non è solo un’occasione per la famiglia di Mark Linkous per celebrare la sua musica profonda ed empatica e condividendola con i suoi appassionati, ma è anche in assoluto uno dei migliori album dei suoi Sparklehorse. Sotto questa sigla, il cantautore della Virginia, aveva realizzato una serie di opere indie rock squisite che suggerivano una diffidenza verso qualsiasi concetto troppo raffinato, guidate da una convinzione intrinseca che il silenzio e la staticità fossero cruciali come le parole e la musica. Bird Machine risulta evocativo tanto quanto i suoi lavori precedenti e appare come un insieme di ricordi già vissuti ed espressi.
Ricoperto da distorsioni pungenti It Will Never Stop inizia l’album con un’esplosione di noise pop già sentito e gustato in album come Vivadixiesubmarinetransmissionplot. Sono diversi i momenti presenti in queste 14 canzoni che rivaleggiano con dischi simbolo come Good Morning Spider e It’s A Wonderful Life. A partire dal titolo e dal suo dolore surreale, Kind Ghosts fotografa la quintessenza di Sparklehorse ed è uno dei tanti momenti commoventi qui presenti. Così come Falling Down, un pezzo spettrale influenzato dall’amore di Linkous per i Beatles o la chiusura tranquilla, consapevole e rassicurante di Stay.
Sebbene sia un’aggiunta fondamentale al catalogo del gruppo, la sua produzione semplice e spartana lo distingue dai suoi precedenti dischi. Linkous aveva registrato diverse canzoni con l’aiuto di Steve Albini e successivamente le aveva abbellite realizzandone altre presso i suoi studi Static King. Le nuove aggiunte da parte del team che ha terminato Bird Machine sono rispettosamente sottili ed impercettibili. Ciò conferisce una vibrante apertura a momenti come l’impareggiabile cantilena di Chaos Of The Universe e consente agli ascoltatori di avvicinarsi alla sua musica dopo più di un decennio di silenzio, permettendo anche al suo stile compositivo e di scrittura di tornare a brillare.
Essere lontani dai propri cari è uno dei temi principali di Bird Machine e le circostanze della sua uscita danno un’intensità in più alle meditazioni di un soldato solitario in Hello Lord e all’isolamento ingannevolmente caldo di Everybody’s Gone To Sleep. Piccoli tocchi che riflettono l’amore di Mark Linkous per la sua famiglia rendono Bird Machine dolorosamente personale, che si tratti della divertente cover di Listening To The Higsons di un Robyn Hitchcock d’annata o del modo in cui trasforma un messaggio di posta vocale di un suo piccolo nipote in una trasmissione spettrale sulla fragile ballata O Child.
Come nel caso del postumo From A Basement On The Hill di Elliott Smith, molti testi potrebbero essere letti come cupe premonizioni, ma sono così coerenti con le immagini del suo catalogo che per lo più figurano come un rifugio sicuro che offre conforto dalle tempeste dell’animo. Dato che le canzoni di Mark Linkous sono sempre sembrate fuori dal tempo, la musica di Sparklehorse ha il pregio di suonare sempre meglio con il trascorrere degli anni. Anche così, la possibilità di connettersi ancora una volta con la sua proposta artistica per un’ultima volta, è qualcosa di simile ad un miracolo. Ascoltare Bird Machine è un’esperienza straziante ed edificante perché trasmette un brivido inquietante. Un perfetto tributo al modo in cui questo artista è riuscito nuovamente a far commuovere delicatamente chi non lo ha mai dimenticato.
Marco Galvagni