Non è impresa facile scrivere dell’ultimo disco di Ada Montellanico uscito il 23 febbraio 2024 per Giotto/Egea Music dal titolo Canto Proibito. Dopo aver interpretato i testi inediti di Tenco (Danza Di Una Ninfa, 2005) e i diritti civili di Abbey Lincoln (Abbeys Road, 2017) è alla sua dodicesima uscita discografica. In questo nuovo progetto
“Cominciò con un numero sbagliato, tre squilli di telefono nel cuore della notte e la voce all’apparecchio che chiedeva di qualcuno che non era lui. Molto tempo dopo, quando fu in grado di pensare a ciò che gli era accaduto, avrebbe concluso che nulla era reale tranne il caso.” È l’incipit di “Città di vetro”,
Il docu-film realizzato da Danny Garcia nel 2019, racconta la tragica vita del fondatore dei Rolling Stones, dagli esordi alla sua morte misteriosa, passando al setaccio la parabola discendente delle vicende personali e musicali attraverso le interviste di persone a lui vicine e con l’utilizzo di immagini di repertorio. Lo stile adottato è quello di
“Je poserai sur lui [l’homme] ma frêle et forte main; Et mes ongles, pareils aux ongles des harpies, Sauront jusqu’à son coeur se frayer un chemin. Comme un tout jeune oiseau qui tremble et qui palpite, J’arracherai ce coeur tout rouge de son sein, Et, pour rassasier ma bête favorite, Je le lui jetterai par
Al 7”EP di esordio contenente 5 tracce, dal quale vengono recuperate Katy Parrys e Ferma Jean, segue un silenzio (discografico), a fronte di un’assidua attività live, durato ben 5 anni prima che questo Artless Artifacts spunti dal nulla proprio quando la storia sembrava oramai sepolta. La copertina, ad opera di Angie, riporta un bel po’
Norah Jones ha chiamato il suo nuovo album in studio Visions perché molte delle idee musicali dalle quali ha tratto ispirazione, le sono apparse oniricamente nel cuore della notte, proprio quando la sua coscienza era confusa. Quel senso provato durante il sogno si trasmette nel prodotto finito, ma non nei modi associati comunemente a tale descrizione.
Mentre i sogni della cultura beat e hippies lasciavano intendere ben altri risvegli, la scena musicale merseybeat (o freak beat) britannica nel suo complesso cedeva verso formule dove la psichedelica visionaria incontrava il blues, il jazz e con un suono più heavy rispetto a quanto fino ad allora proposto. Erano gli anni dei free-festival, degli
Dan Weiss è un prolifico batterista statunitense attivo da diversi anni nella scena jazz d’avanguardia newyorkese. Questo suo nuovo lavoro, Even Odds, raggiunge l’apice della creatività, racchiudendo l’essenziale nella forma ristretta del trio e nella costruzione succinta dei brani di pochi minuti. Qui si accompagna a due fuoriclasse del genere, il sassofonista portoricano Miguel Zenòn,
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